La lenta essicazione naturale, l’uso di materie prime di qualità, l’adozione del biologico prima di altri. Storia di un pastificio radicato in Emilia, ma che vola in ogni angolo del mondo.
Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Massimo Andalini, presidente del Pastificio Andalini
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Le ricette
migliori sono quelle più semplici, con pochi ingredienti di qualità a fare la
differenza. In questo caso ci sono uova, acqua e semola di grano duro per
preparare una pasta buona e genuina come quella di un tempo. La ricetta è di
Arrigo Andalini ed Egletina Aleotti, che nel secondo Dopoguerra italiano decisero
letteralmente di tenere… le mani in pasta. Così questi due ragazzi emiliani,
dopo anni di gavetta nello storico pastificio Barbieri di Cento, trasformarono
il lavoro in passione e la passione in lavoro. Negli esordi c’è la
loro piccola bottega artigianale di pasta fresca che
poi scala mercati, interesse, fatturato. Nel 1956 nasce il pastificio
Andalini & Aleotti. Siamo nel centro storico di Cento, oggi
trentacinquemila anime in provincia di Ferrara. Una terra di confine perché ad
una ventina di chilometri c’è Bologna e ad una quarantina Modena. Tre province
che rappresentano al meglio l’attenzione alla buona tavola. E allora
torniamo al pastificio, impegnato a produrre con quegli elementi semplici,
naturali, certificati. Attenzione alla tradizione e adozione di tecnologie
innovative. Il tutto in un mix perfetto, come ogni ricetta vincente sa esserlo. La scelta
all’inizio ricade sull’uovo. D’altronde Cento da sempre è
crocevia della pasta all’uovo. E allora ecco le tagliatelle, i garganelli,
i maccheroni al pettine, la gramigna, le farfalle, la pastina, i padellini,
che poi non sono altro che i meravigliosi quadrettini al brodo. E ancora penne,
fusilli, gobbini. Nel 1992 Massimo Andalini, figlio di
Arrigo ed Egletina, acquisisce il pastificio dai suoi genitori e dagli altri
soci, diventando proprietario unico. E subito prende una decisione manageriale
importante: la creazione del nuovo stabilimento in via Martiri di Belfiore, cresciuto
nel corso degli anni e tuttora in continua evoluzione e costante ammodernamento.
C’è poi nel 2013 il passaggio in società per azioni e quindi la
scalabilità. Un momento significativo avvenuto con la terza generazione al
lavoro. Oggi Andalini registra un fatturato di 18 milioni di euro, suddiviso
tra 8 milioni per il mercato domestico e 10 milioni per l’estero. In questo
caso si parla principalmente di Europa con Germania, Francia, Inghilterra e
Belgio. Ma ci sono anche l’America e l’Oceania. Il brand commercializza col suo
nome in Emilia-Romagna, basso Veneto e la parte alta delle Marche. Ma è diffuso
ovunque come prodotto private label per le catene italiane ed estere o per le mense
scolastiche. Un’azienda che è una famiglia allargata, con 38 dipendenti suddivisi
per tre linee di produzione: una linea per la pasta nidi, ossia le tagliatelle,
e due linee di pasta corta, di cui una è destinata alle specialità. Tutte e tre convogliano
in sei linee di confezionamento. Perché il pastificio è attrezzato
per diversi tipi di packaging con i vassoi termoretraibili per i nidi ìo
per matasse in flow pack. C’è poi il confezionamento a pinna, quello a doppio
fondo quadro con i sacchi da 1,3,5 chilogrammi per il mercato HORECA e ancora
quello fino a 600 chilogrammi in sacchi chiamati
big bag destinati a quelle aziende che preparano piatti pronti o a temperatura
modificata, sterilizzati o ad atmosfera protetta e per i quali il pastificio
Andalini è fornitore di materie prime.
Tra
Emilia e Puglia. Radici ancorate a quella terra d’Emilia
che è l’ingrediente essenziale per questa ricetta di successo, ma poi c’è la
capacità di guardare oltre. Visione e coraggio. Così nel 2000 l’acquisto del
pastificio La Sovrana a Canosa di Puglia, una ventina di dipendenti per un
fatturato sui 6 milioni di euro, centrato sulla semola con due linee di produzione:
la prima per la famiglia degli spaghetti e la seconda per la pasta corta. Tutto
completamente ristrutturato, ma sempre nel segno della tradizione. “L’Emilia
sta alla pasta all’uovo come la Puglia sta a quella di semola. Il pastificio
Andalini prende sotto la propria ala il pastificio La Sovrana a Canosa di
Puglia per esprimere al meglio la cultura della pasta mediterranea con la
produzione di paste speciali di semola”, così si legge online. «Le nostre linee
produttive sono differenti da quelle dell’industria tradizionale, che propone
linee da 70-80 quintali all’ora. La nostra filosofia ancora oggi è legata ad
una linea da dieci quintali all’ora e che garantisce un’essicazione naturale al
prodotto. Direi anche un’essicazione dolce perché la lenta lavorazione a bassa
temperatura, cioè tra i 60 e i 70 gradi, permette ad esempio agli spaghetti un’essicazione
a 23 ore, quando di solito il mercato predilige 5 o 6 ore. Ma in questo modo,
cioè con il nostro metodo, la maglia glutinica che compone la pasta rimane
distesa, l’amido tranquillo. Così con l’acqua bollente di cottura la pasta permane
morbida e mantiene elasticità, sapore, profumo della materia prima. Con un’essicazione
ad alta temperatura perderemmo queste proprietà organolettiche. D’altronde le
nostre nonne facevano la sfoglia e la mettevano ad essiccare sul telaio ad aria
aperta»,
precisa Andalini.
Ingredienti
che fanno la differenza. C’è poi un altro elemento che la
dice lunga di quell’essere innovatori nella tradizione, pionieri
nell’eccellenza. Ed è la scelta dell’uovo biologico per lo stabilimento di
Cento, mentre a Canosa si scommette sulla pasta biologica di semola. «Siamo
stati uno dei primi pastifici a fare pasta di semola e all’uovo da più di
trent’anni. È radicato nella nostra storia il sapore autentico della pasta
all’uovo. Viviamo in una società frenetica che ci spinge spesso a mangiare a
volte senza pensare. Invece per noi è importante quel recupero del momento del
pasto. D’altronde siamo degli artigiani, attenti alla sicurezza di un’industria
alimentare che evolve nel tempo, caratterizzata da controlli e salubrità», dice
Andalini.
La storia si fa futuro.
Così il pastificio ha deciso di scommettere sull’industria 4.0, con controlli
più accurati sui processi. Ci sono poi i packaging alternativi ed
ecosostenibili che si orientano alla carta riciclabile e completamente
compostabile. E c’è anche un uso evoluto delle macchine di produzione e di confezionamento:
oggi non c’è più il facchinaggio manuale, ma si adottano carrelli elettronici
teleguidati e bracci antropomorfi robotizzati. In fondo ci pensano i robot a
essere più competitivi nel lavoro routinario sul mercato, mentre le persone
fanno la differenza sui prodotti. «Il capitale umano è
fondamentale, ma talvolta facciamo fatica a trovare personale preparato. E poi
c’è la zavorra della burocrazia, che appesantisce il fare impresa. Ecco perché
il futuro passa dalle alleanze, dal fare squadra tra squadre diverse»,
conclude Andalini, col cuore legato alla propria terra e la testa proiettata
sempre al futuro.
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