Nell’hinterland bolognese nasce un’azienda legata alla meccanica di precisione che ripensa il modo di lavorare. Co-creazione con i clienti, soft skill, industria 4.0: l’azienda registra 9 milioni di fatturato e conta 52 dipendenti. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Alessandro Lupi, CEO di Primamec
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Cambieresti vita? Con
questa domanda così semplice, eppure così difficile da rispondere in una sera
di maggio di sei anni fa inizia un nuovo capitolo professionale per Alessandro
Lupi, ingegnere meccanico e manager di lungo corso, diventato dal 2017 CEO di
Primamec. È un amico a proporre il “cambio-vita” a lui, e in fondo all’azienda.
Però è un cambiamento nel segno della continuità, perché la storia si
capitalizza e diventa benzina per mettere in moto nuovi progetti, idee
innovative, soluzioni impensabili. E in fondo riscrivere capitoli nuovi. Siamo
a Funo, frazione di Argelato, cinquemila anime nell’area metropolitana
bolognese a due passi da Bentivoglio. Qui ha sede Primamec, azienda meccanica
fondata nel 1971 dalla visione di Gianni Ricci. All’epoca si chiamava Torneria
Automatica Gianni Ricci e si occupava di tornitura nelle lavorazioni
meccaniche, realizzando particolari di precisione su disegno. Dimensione artigianale,
ma crescita costante nel segno dell’innovazione. Forse è stata questa la
ricetta vincente prima, ma anche dopo, per ampliare il portfolio clienti,
composto da aziende d’eccellenza nei settori oleodinamico, automotive, macchine
movimento terra e agricole. La seconda vita dell’azienda inizia nel 2017 con il
passaggio di proprietà e con una missione che si inserisce già nelle ottime
performance: differenziare l’offerta, allargare gli accordi con i clienti,
migliorare sistemi di gestione, puntare sull’internazionalizzazione. Insomma,
un salto manageriale in una realtà dalle radici familiari. Oggi l’azienda registra 9 milioni di fatturato e conta 52 dipendenti,
mentre nel 2017 c’erano una trentina di persone e per il 12% si dedica
all’export. «Ho trovato un’azienda solida e fatta da professionisti competenti e
appassionati. Ricci negli anni l’ha portata da 0 a 5 milioni di euro, una cifra
rilevante. La squadra che ho trovato qui è ancora con me, hanno tanta
esperienza e mi fido di loro. Io ho portato le mie competenze. Non sapevo
fare l’imprenditore, ma mi sono sempre occupato di operation e manufacturing e
ho intuito che l’automazione e l’integrazione dei sistemi informatici potesse
essere la strada vincente», precisa Lupi. Poi è arrivata l’industria 4.0, con quella spinta alla
digitalizzazione e a guardare oltre. L’azienda ancora oggi realizza per conto
terzi componenti meccaniche di precisione: ancora oggi la maggior parte dei
prodotti prevedono lavorazioni meccaniche, ma anche una serie di operazioni
aggiuntive di trattamento, finitura, rettifica.
La forza della squadra. Oltre cinquant’anni di esperienza nella lavorazione meccanica e ancora
tutto parte dalle persone, che fanno la differenza. Forse è proprio questo il
segreto che sta alla base del successo di uno dei distretti più virtuosi al
mondo, in questo cuore della motor valley che batte di passione. La forza della
squadra si riverbera anche nel rebranding. «Primamec nasce
con loro in un brainstorming, è il nome condiviso. Non era neppure quello che
preferivo, ma adesso mi piace molto e si pronuncia bene in diverse lingue», precisa Lupi.
Il valore aggiunto si ha grazie ad un network di fornitori specializzati.
Perché il prodotto viene realizzato internamente, ma poi le realtà verticali lo
rendono all’avanguardia nei trattamenti termici e nelle finiture speciali. Sono
tante e formano un ecosistema vincente, reticolare. La ricerca è legata al
processo, alla messa a sistema ideale per cliente. «Non c’è un
modello unico per tutti, spesso la nostra attività parte proprio con il
coinvolgimento dei clienti perché l’obiettivo è fare la produzione di serie», dice Lupi. Ecco allora la parte di co-design, con i momenti di
confronto tra gli ingegneri dell’azienda e i clienti per raggiungere la massima
efficienza produttiva e ridurre il costo del prodotto.
La nuova idea di torneria. C’è poi la torneria, che è il cuore di questa
azienda: qui ci sono oltre duemila articoli diversi, per una trentina di clienti e ogni anno si producono e
movimentano quasi 10 milioni di pezzi. Numeri rilevanti. Eppure la differenza
la fanno pochi secondi legati
al ciclo di prodotto. Ci sono in ballo i dettagli su come vengono manipolati e
seguiti poi questi singoli pezzi. «Non esiste la macchina che fa sempre le stesse
cose. Ogni volta che si inizia una nuova produzione bisogna essere bravi a
standardizzare il processo in un continuo cambiamento. Oggi tutte le nostre
macchine sono collegate al sistema informatico e hanno a bordo un monitor
touche screen per fare setup e controlli. Abbiamo anche deciso di portare l’industria
4.0 su tutte le macchine dell’azienda, anche su quelle che hanno più di
vent’anni di vita», precisa Lupi. Da tempo qui si ragiona di soft
skill, essenziali nel lavoro di preparazione. C’è anche un nuovo concetto di
leadership diffusa e di condivisione delle responsabilità. Perché il modello
obsoleto di prima era centrato sulla figura del capo-reparto o capo di
produzione, e oggi invece si gioca in squadra. «Una delle soft skills più importanti oggi per le
nostre persone è la capacità di adattamento, che uguale flessibilità e che è l’opposto
della torneria, ambiente con regole rigide e iperstrutturate», dice Lupi. Così in Primamec si lavora in modo differente. In una
torneria la componente tecnologica e quella umana lavorano in modo sinergico,
ma quest’ultima resta fondamentale, nonostante i tentativi che si fanno per
portare le informazioni in un sistema complesso. È l’uomo a guidare la macchina.
E ancora di più la squadra. D’altronde i capolavori sono davvero fatti di
dettagli.
Clicca qui per ascoltare il podcast sulle principali piattaforme di ascolto https://podcast.confindustriaemilia.it/
Leggi le altre interviste