Da un piccolo laboratorio di produzione di liquori e distillati artigianali ad un brand che esporta in tutto il mondo. Da Finale Emilia, nel modenese, la ricetta per essere storici e contemporanei. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Paolo Molinari, amministratore delegato di Casoni
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Oltre due secoli di storia e sentirsi ancora
giovanissimi. Ma in fondo la ricetta di questo elisir di lunga vita sta in un
mix di ingredienti. C’è la ricerca che non si è mai fermata. C’è la comunità
che sempre ha fatto il tifo per questa azienda. C’è l’ambizione che ha permesso
di scalare i mercati. Così un piccolo laboratorio di produzione di liquori e
distillati artigianali, specializzato nel liquore all’anice, è riuscito a
mantenere intaccata la sua storia e al contempo ad innovare. «Partiamo dal presupposto che
la nostra è una lunga tradizione familiare che hanno avviato nel 1814 due
fratelli in un piccolo spazio nel centro di Finale Emilia. Ora siamo arrivati
alla settima generazione. Quello che ci portiamo dietro è la passione di
famiglia per il nostro lavoro e il forte legame col territorio. C’è poi un
percorso di sviluppo, una via all’innovazione che si lega all’aggiornamento dei
gusti e delle tendenze in atto nei vari mercati», afferma Paolo Molinari, amministratore delegato di Casoni, tra le più antiche distillerie e
fabbriche di liquori in Italia. Storici e contemporanei, in un equilibrio vincente. «Da quando siamo partiti il
processo produttivo ha subito positive evoluzioni con certificazioni di qualità
e con una spiccata attenzione alla filiera produttiva e alla fornitura», precisa Molinari. Ma quello
che si legge tra le righe di questa lunghissima storia è anche la rivalsa.
Perché l’azienda è stata riacquisita dalla famiglia nel 2016, dopo dieci anni
in mano ad una multinazionale. «Per noi è stato come riprendere un cammino interrotto nel 2007, quando mio
zio cedette l’attività. Tante cose sono successe da allora e questo è il tempo
del riscatto perché ci siamo riappropriati di una identità, tornando in
possesso di questo gioiello e quest’anno chiuderemo al +16% rispetto all’anno precedente
con un previsionale di fatturato intorno ai 39 milioni di euro e quindi con un trend
estremamente positivo», precisa Molinari.
Restiamo sui numeri. Oggi Casoni conta sessanta dipendenti nello stabilimento
di Finale Emilia, mentre nella controllata slovacca, attiva da ben venticinque
anni, lavorano quasi trenta persone. Ma torniamo a Finale Emilia, quindicimila
anime a est di Modena. «In un paese così
piccolo e unito le vicende dell’azienda sono state vissute in modo
appassionato. Quindi questa ripresa è il segno della viva passione di una
comunità», dice Molinari.
Da Finale Emilia al resto del mondo. Un’azienda che corre veloce. Mario Casoni, classe 1939, è stato un pilota
capace di segnare cinquant'anni di storia dell'automobilismo italiano, ma ha
rappresentato anche un riferimento dell’imprenditorialità italiana: è stato lui a portare la distilleria familiare al successo internazionale. È stato il punto
di svolta, con la grande intuizione che ebbe di convertire un’azienda
mantenendo lo spirito artigianale, ma virando verso il modello industriale,
legandosi di fatto alla grande distribuzione e nel corso del tempo ai mercati
internazionali. «Un precursore dei
tempi: intorno alla metà degli anni ‘80, in una fase storica nella quale si
pensava poco all’internazionalizzazione e alle nuove forme di scalabilità di impresa,
lanciavamo una joint venture in Russia e in Cina», precisa Molinari. Dati i tempi si navigava a vista, ma si intuiva la
capacità di crescita. Quelle intuizioni pionieristiche imprenditoriali di
aprirsi all’estero e ai mercati dove i prodotti potevano avere sbocchi commerciali
importanti hanno lasciato il segno. Oggi per Casoni la Germania è il mercato di
riferimento e qui vengono particolarmente apprezzate le soluzioni italiane, in
particolare quelle proposte da questa distilleria. «In fondo siamo una
liquoristica, ma proponiamo un prodotto italiano con una nostra firma. Vendiamo
tutto con una rivisitazione: l’amaretto, la sambuca, il limoncello esportati
con successo negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Thailandia e persino nelle
Filippine. Di recente abbiamo iniziato anche in Nuova Zelanda. E poi ancora in Bolivia
e Corno d’Africa. Tra i prodotti storici c’è l'anicione Casoni, simbolo della
distilleria. È il liquore di Finale Emilia. D’altronde qui siamo proprio nel
cuore della liquoristica europea: quando siamo nati c’erano 17 distillerie e l’anicione era il distillato per eccellenza. Una volta, oltre cento
anni fa, si faceva colazione col bicchierino di anicione e una fetta di una Torta degli Ebrei che ti dava energia», ricorda Molinari.
Tra passato e futuro. C’è poi la ricerca legata alla
personalizzazione dell’offerta. «È un percorso di scoperta che abbiamo avviato
insieme a grandi alchimisti ed esperti del settore, anche di fama internazionale.
Penso ai notissimi bartender Marian Beke e Daniele Dalla Pola o ancora
all’innovatore della liquoristica italiana Baldo Baldinini. La bussola per
orientarci in nuovi sentieri è sempre il nostro territorio, con le sue
eccellenze, i suoi sapori, la sua cultura. Anche qui abbiamo sperimentato delle
proposte con l’aceto balsamico, unito con altri elementi come i frutti di bosco
o i fichi. Una rivisitazione del sottobosco», racconta Molinari. La ricerca
guarda anche ai temi contemporanei legati alla sostenibilità. Casoni è stata
premiata al Sustainability Award di Credits Suisse: classificata con il maggior
punteggio nella categoria Environmental, tra le aziende candidate che hanno un
fatturato minore di 250 milioni, Casoni primeggia in tema di sostenibilità
ambientale.
Non è un caso che per Casoni il riciclo arrivi a
sfiorare il 98%. Guardare alle sfide del futuro, capitalizzando le preziose
pagine del passato. In fondo è questa la ricetta dell’eccellenza.
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