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FARE INSIEME - Ep. 32 - Fervi e quel lavoro da coach delle imprese

«Aiutiamo le altre aziende ad eccellere. Il successo passa da questo territorio meraviglioso»

03/03/2022

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Dall’Emilia nasce quarant’anni fa un’azienda diventata leader nell’MRO, ossia Maintenance, Repair and Operations. Storia di Fervi, una squadra da quasi duecento dipendenti e un fatturato di 54 milioni di euro. La ricetta per vincere? «Quando si ha un’alta qualità di vita dovuta al territorio, questo benessere si trasferisce sul lavoro È una logica win-win». Per Fare Insieme Giampaolo Colletti intervista Roberto Tunioli, Presidente e Ceo di Fervi

di Giampaolo Colletti
@gpcolletti

Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero

C’è un acronimo dietro al business di un’azienda emiliana d’eccellenza ed è MRO, ossia Maintenance, Repair and Operations. Sta per manutenzione, riparazione e operazioni. Si riferisce a tutte le attività necessarie per mantenere le strutture e i processi di produzione senza intoppi. Costruire, manutenere e riparare. In sintesi, servire al meglio il cliente con una grande efficienza operativa e con due elementi essenziali per la catena del valore: comprare le cose al posto giusto e al costo giusto. In fondo queste azioni sono alla base di Fervi, realtà nata nel lontano 1978 come grossista e al lavoro all’epoca solo per il distretto modenese. Ma in quarant’anni tante cose evolvono: così oggi il fatturato consolidato si aggira sui 54 milioni di euro e l’azienda conta una squadra di 180 dipendenti suddivisi su quattro società, di cui una in Germania. L’headquarter è a Vignola, venticinquemila anime nella provincia modenese. Il business è al 70% in Italia e quel restante 30% di quota estera si registra prevalentemente in Europa, ma senza contare l’Inghilterra. «Nel nostro comparto le misure contano assai, quindi i servizi sono differenti se vengono veicolati in misura metrica, piuttosto che con pollici o con libre. Un cambio di questa unità comporterebbe la moltiplicazione dei magazzini. Ecco perché gli operatori mondiali sono anche poli geografici», precisa Roberto Tunioli, Presidente e Ceo di Fervi, artefice della crescita esponenziale di questa realtà.  

L’impresa coach per le altre imprese.
Per spiegare il posizionamento e quindi anche il business, Tunioli fa riferimento al peso del manifatturiero italiano in Europa. «Siamo la seconda nazione manifatturiera d’Europa e tra le prime dieci nel mondo e quindi ci sono migliaia di fabbriche, officine e laboratori da mandare avanti. Per fare questo ci vogliono competenze e quindi persone qualificate. Poi servono strumenti all’avanguardia e prodotti di manutenzione. Noi siamo quindi una di quelle realtà che aiutano le altre aziende ad eccellere. Le aiutiamo nella quotidianità del lavoro, quando servono mascherine, guanti, chiavi inglesi, ma anche attrezzature per i laboratori di progettazione o semplicemente trapani. C’è da dire che non esiste ad oggi una società italiana tra le prime dieci in Europa, posizioni occupate solamente da tedeschi, inglesi e francesi. Anche se noi contiamo sessantamila referenze nel mondo, quando comprai l’azienda dieci anni fa ne avevamo 2.800», precisa con orgoglio Tunioli. Per questo top manager emiliano che per vent’anni ha lavorato nel colosso Datalogic, la scelta imprenditoriale, con relativo investimento della propria liquidazione, è coincisa con quella di vita. «Avevo voglia di stare più vicino alla mia famiglia e dopo vent’anni di tecnologia e innovazione ho scommesso su un mercato maturo ma con un grande potenziale», dice Tunioli. D’altronde nel 2012 l’azienda fatturava 10 milioni di euro e aveva 20 dipendenti, e quindi in dieci anni la crescita, tra interna e acquisizioni, si è moltiplicata per cinque volte. La ricetta sta nell’investimento di oltre il 50% degli utili in risorse umane, nei processi di successo legati alla logistica e all’internazionalizzazione. Poi nel 2018 la quotazione alla Borsa di Milano. Però l’obiettivo è quello degli esordi: offrire un servizio completo alle aziende. In caso di realtà medio-grandi si dà la manutenzione, mentre nel caso del supporto agli artigiani si vende anche il prodotto che serve per lavorare e quindi per tenere in piedi l’attività. In qualche modo si diventa coach per chi fa impresa. Una metafora che regge alla prova dei fatti: per lavorare giorno dopo giorno servono allenamento costante, strumenti adeguati, gioco di squadra. Si studiano macchine e utensileria per l’industria e l’artigianato. «Non produciamo noi, ma facciamo scouting e andiamo a cercare le cose migliori per il mondo. Questo consente la scalabilità del business perché produrre è difficile, ma qui si deve avere l’abilità unita alla competenza di mandare le giuste persone nel mondo per scegliere prodotti e soluzioni migliori. Ecco perché il nostro DNA è fatto di coraggio e visione, ossia sapere dove si vuole andare per puntare su una prestazione medio-alta in molti punti della catena del valore», argomenta Tunioli.  

Il distretto win-win.
Oggi per essere di successo il capitale umano e il territorio fanno la differenza. Ne è convinto Tunioli, che in questo triangolo di innovazione proteso tra Modena, Ferrara e Bologna riscontra quelle caratteristiche di distretto uniche al mondo: dal packaging e dall’automotive per Bologna, dalla ceramica e fino alla filiera biomedicale per Modena e alla chimica per Ferrara. «È un innesto fortunato e quasi unico al mondo, va preservato nella sua unicità, che è legata alle persone. Tutto si comprende attraverso la qualità di vita e noi siamo in un territorio favoloso. D’altronde le nostre quattro società sono tutte tra Ozzano, Spilamberto, Vignola e anche la nostra realtà in Germania è in un paesino vicino Düsseldorf. Quando le persone mangiano a casa, hanno spese bassissime, si spostano in bicicletta e hanno un livello di qualità sociale altissimo, tutto questo si trasferisce sul lavoro. È una logica win-win», puntualizza Tunioli. Si torna al distretto di decenni fa, che oggi risulta ancora più contemporaneo. D’altronde anche per via del contesto storico ci stiamo “demetropolizzando”, e questo implica un alto valore sociale legato alla comunità. Ma non significa evitare processi di digitalizzazione evoluti. Anzi, tutt’altro. Il futuro è fatto di servizi sempre più immediati, disegnati sulle esigenze dei clienti e di un mercato maggiormente volatile. «Oggi cerchiamo di amplificare i canali di vendita, amplificando i vari punti di contatto con il cliente per il trasferimento del bene – racconta Tunioli, e prosegue – L’obiettivo è strutturarsi meglio, tracciando il percorso e migliorandosi. La transizione digitale ci consente di evolvere e la cosa migliore per crescere è misurare le performance e l’effettivo utilizzo dei prodotti». Perché digitalizzare significa anche rendere più semplice il lavoro di tutti i giorni.

Clicca qui per ascoltare il podcast sulle principali piattaforme di ascolto https://podcast.confindustriaemilia.it/

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