Nel modenese nasce Acetaia Bellei, specializzata nella produzione di Aceto Balsamico di Modena di alta qualità. La tradizione della famiglia Bellei affonda le radici nell’Ottocento, con la coltivazione dei vigneti e la produzione artigianale. Oggi l’azienda continua a distinguersi per l’Aceto Balsamico denso e invecchiato, apprezzato sia in Italia che all’estero. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Mariangela Bellei, Ceo di Acetaia Bellei
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
«In
questa acetaia il tempo non si misura, ma si ascolta». È un’idea meravigliosa
quella di Mariangela Bellei, a capo di Acetaia Bellei. La pronuncia mentre accarezza
una delle quattromila botti in rovere che custodiscono la memoria dell’Aceto Balsamico
di famiglia. Sono grandi e piccole, vanno dai 15 ai 220 litri, alcune – pensate
la forza del tempo! – hanno oltre un secolo di vita. Sono il cuore di
un’impresa che nasce da un gesto antico: quello di nonna Rosina, che nel 1847
iniziò a produrre Aceto Balsamico di Modena Tradizionale, a Modena. Qui le
intuizioni geniali si legano alla vocazione del territorio e a quella forza
della comunità di pensare e di fare, in questo preciso ordine. Tutto
nasce da un gesto d’amore. Una botte di rovere, regalo di nozze a nonna Rosina,
segna l’inizio di tutto. A Modena la tradizione racconta ancora oggi che alla
sposa veniva donata una batteria di barrique di Aceto Balsamico Tradizionale. Non
solo un oggetto, ma l’inizio di una storia familiare. Un’eredità “liquida” che
si trasmette di madre in figlia, di padre in figlio, di generazione in
generazione. «Ecco, in quella botte, insieme al mosto, c’era già il seme della
nostra acetaia. Così il nostro inizio è femminile: una donna che aveva cura del
tempo e degli ingredienti. Ogni giorno cerco di essere all’altezza di quella
eredità», dice Mariangela Bellei. Passione di famiglia. Bellei con le prime
generazioni già nell’Ottocento si occupava della coltivazione dei vigneti e
della produzione di aceto balsamico tradizionale. Modena fuori e Modena dentro quelle
botti che racchiudono tutto e che sanno però uscire con forza allo scoperto. D’altronde
oggi Acetaia Bellei è un’azienda che esporta in più di 40 Paesi nel mondo e ha
aperto una filiale persino negli Stati Uniti, per dialogare con l’America più
dinamica. «Ci sentiamo comunque piccoli, perché la qualità non si
industrializza ma si preserva», sottolinea Mariangela Bellei. Piccoli ma agili
e al tempo stesso solidi: 4 milioni di bottiglie prodotte ogni anno e una
crescita del +9,3%.
Identikit
dell’azienda. Numeri che pesano, ma non più di quella
lentezza artigiana che resta il vero baricentro. Mariangela Bellei è cresciuta
in questo ritmo. D’altronde – lo dicevamo prima – l’acetaia è un luogo dove si
impara a lasciar fare al tempo. «La nostra è una scuola di pazienza. Qui ogni
goccia matura ascoltando le stagioni, respirando attraverso il legno,
trasformandosi piano. Ricordo le mani appiccicose durante la vendemmia, l’odore
del mosto, la soddisfazione di lavorare con mio padre Mario. Prima del
balsamico eravamo anche una cantina: imbottigliavamo Lambrusco e lo chiamavamo
Riserva degli Amici», dice Bellei. Poi un giorno la scelta che cambia tutto:
puntare solo sull’Aceto Balsamico di Modena IGP. «La conversione è stata il
momento più difficile. Abbandonare una tradizione per aprirne un’altra. Ma
quando, a una fiera internazionale, vidi le persone emozionarsi assaggiando il
nostro aceto, capii che quella era la nostra strada». Da allora la crescita non
si è più fermata. A muoverla non è solo la cura produttiva. È anche la capacità
di raccontare un prodotto antico in una forma contemporanea. Basta osservare sua
maestà The Balsamic Queen, premiata come Most Innovative Product al Summer
Fancy Food Show. «Il design per noi non è un travestimento, ma una
dichiarazione. La bottiglia deve dire ciò che l’Aceto Balsamico è davvero:
eleganza, profondità, equilibrio». Ed ecco i fazzoletti che avvolgono le
bottiglie più iconiche: un gesto antico ripensato con sguardo globale.
Essere impresa e
comunità. L’identità resta salda nella ricetta: solo mosto cotto d’uva italiana,
con aggiunta di aceto di vino e aceto invecchiato almeno dieci anni. «Più
mosto, più densità, più verità dentro a quella goccia». Per Acetaia Bellei le
densità 1,24 – 1,35 non sono numeri ma quoziente di pazienza e precisione. D’altronde
la qualità non si urla. Si riconosce al primo assaggio. Anche la sostenibilità
è diventata parte di questa narrazione: il 75% delle bottiglie in R-PET, il 90%
delle scatole in cartone FSC, il 60% di energia autoprodotta. «Il Balsamico ci
ha insegnato a rispettare il pianeta. Il nostro compito è produrre in modo
coerente con i valori che portiamo sulle tavole del mondo». La lentezza,
dunque, come forma di responsabilità. La competizione internazionale sui
prodotti IGP è sempre più serrata. «Ci difendiamo con la trasparenza. Tracciare
ingredienti e processi non è un obbligo di legge: è un dovere morale verso chi
sceglie il nostro aceto». Perché il vero rischio non è la concorrenza, ma
l’omologazione. La parola che Mariangela Bellei usa più spesso è viaggio.
Un viaggio nel tempo, sì. Ma soprattutto tra le persone. «Ogni bottiglia
racconta la vita di chi l’ha curata», sussurra mentre apre una botte che
profuma di legno e mosto cotto. «Non vendiamo un condimento ma una storia di
famiglia e passione». E il futuro? «Non voglio cambiare la nostra direzione ma allargare
l’orizzonte. Il sogno è che sempre più persone, in ogni parte del mondo,
possano riconoscere in una goccia il carattere della nostra Modena». Poi guarda
quelle quattromila botti, ognuna diversa dall’altra. «Se potessero parlare,
direbbero che l’attesa non è un ostacolo, ma un atto d’amore». Nel silenzio
della barricaia, il Balsamico continua il suo lavoro. Matura. Respira.
Custodisce. Perché qui il tempo non si teme. Anzi. Il tempo si trasforma in un sapore
unico.
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