Questa è la storia di un laboratorio di moda etica creato nel 2017 con la cooperativa Abantu. Un progetto che opera per l’inclusione. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Andrea Marchesini Reggiani, fondatore del Laboratorio di moda etica Cartiera, e Tatiana Di Federico, direttrice operativa
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Questa è la storia di una borsa che non è una semplice borsa. Ma anche di un’impresa che non è una semplice impresa. Perché in fondo la storia che stiamo per raccontare ne tiene dentro altre dieci, cento, mille. Una storia che racchiude una certa idea di fare azienda e fare comunità, come diciamo spesso in questo podcast. Una storia che nasce come qualcosa e nei secoli diventa qualcos’altro. Una storia che oggi è un laboratorio di moda etica che produce accessori in pelle e tessuto, ma in fondo molto di più. Benvenuti a Cartiera. Tra poco vi racconteremo il percorso storico, ma come spesso facciamo partiamo dal dove per definire poi il come. Siamo a Lama di Reno, frazione di Marzabotto, quasi settemila anime agli inizi dell’appennino bolognese, tristemente noto nel mondo per via dell’eccidio compiuto durante la Seconda guerra mondiale. Qui ha sede un luogo dalla storia secolare. Una cartiera diventata tante cose col passare del tempo. Ecco, oggi qui – grazie alla cooperativa sociale Abantu – da un’esperienza formativa si arriva alla nascita di una startup di impresa sociale. Tutto parte nel 2017 come laboratorio di moda etica con la cooperativa sociale Lai-momo (socia fondatrice di Cartiera) e l’Ethical Fashion Initiative dell’International Trade Centre, programma delle Nazioni Unite volto alla promozione di un’industria della moda più equa. Si tratta della produzione e vendita di accessori in pelle e tessuto, accompagnando nell’inserimento lavorativo persone in condizioni di svantaggio, in particolare richiedenti asilo, migranti e persone inoccupate.
Storia e identikit dello spazio. Restiamo sul nome. Siamo all’interno dell’ex complesso industriale della cartiera di Lama di Reno, appartenuta a Rizzoli e chiusa nel 2006 dopo mezzo secolo di produzione. Ma la storia va molto più indietro nel tempo. Le origini ci portano ai Conti di Panico, dal 980 fino al Medioevo. Qui si alternano diverse attività: molino della farina che continua a essere operativo fino alla Prima guerra mondiale, cartiera in funzione a fasi alterne già dal ‘700. Poi arriva la crisi della carta e dell’editoria con la chiusura del 2006 e con la conseguente perdita di centinaia di posti di lavoro e lo spopolamento della frazione. Così una fabbrica che dava lavoro a circa 600/700 persone chiude. Ma nel 2016 proprio in questi spazi vuoti una cooperativa sociale crea un laboratorio di moda etica e porta una nuova vita produttiva. «Recuperando il nome della vecchia industria, Cartiera mira a portare nuove energie là dove, per decenni, il lavoro è stato al centro del benessere della comunità». Così racconta Andrea Marchesini Reggiani, fondatore di Cartiera. Mettere le radici in un territorio colpito dallo spopolamento e dalla crisi economica per rendere questi luoghi più inclusivi, più sicuri, più aperti alla comunità. Qui si producono articoli di pelletteria con un basso impatto ambientale grazie al riutilizzo di materie prime altrimenti destinate allo smaltimento. «Cartiera rappresenta un modello vincente non solo in ottica di inclusione sociale, ma anche di sostenibilità ambientale. Il laboratorio realizza articoli in pelle e tessuto utilizzando prevalentemente materiali recuperati in una logica di economia circolare. La possibilità di utilizzare i left-over o i ritagli di pelle scartati dalle industrie dell’alta moda e dell’automotive permette di dare nuova vita a un materiale di alto valore altrimenti destinato allo smaltimento e di promuovere un processo alternativo a quello del fast fashion, drammaticamente esploso negli ultimi anni e basato sulla produzione di massa in larga scala di pezzi a basso costo ma di bassa qualità. Il lavoro di up-cycling non solo riduce l’impatto dell’industria del lusso, ma mira a sensibilizzare la comunità e il proprio pubblico sull’importanza del consumo responsabile», precisa Tatiana Di Federico, direttrice operativa. Un esempio? Qui si produce per conto terzi con aziende come Automobili Lamborghini: si recupera il pellame dismesso utilizzato per fare gli interni delle auto di lusso per far nascere oggetti unici che l’azienda poi acquista per promuovere il progetto di recupero. «Offriamo percorsi di formazione e opportunità di inserimento lavorativo a persone in condizione di disagio. E poi valorizziamo le competenze artigianali del made in Italy, rispetto alle quali in passato abbiamo creato un importante collegamento con la rete globale del programma Ethical Fashion Initiative delle Nazioni Unite. Insomma, siamo un’iniziativa che cerca risposte concrete ad alcune difficili sfide del nostro tempo: la diminuzione di opportunità di impiego, l’integrazione economica di migranti e richiedenti asilo, la perdita progressiva di abilità artigianali qualificate e di posizioni lavorative correlate, lo spopolamento di dismesse aree industriali, lo spreco di materie prime che spesso caratterizza il sistema moda», dice Marchesini Reggiani.
Prima le persone. Le collaborazioni internazionali fanno parte della sfida della nostra attività: si partecipa così a progetti europei con istituzioni, creativi e attivisti attivi sia in Europa, sia in Africa. D’altronde qui lavorano insieme persone di undici Paesi diversi! Restiamo sulle persone. La selezione di chi lavora qui Cartiera, principalmente richiedenti asilo ma anche persone italiane con disabilità, è fortemente correlata alla necessità di trovare nuove soluzioni per favorire l’integrazione sociale e lavorativa di persone appartenenti a categorie svantaggiate. «Noi crediamo che attraverso l’integrazione lavorativa si possano trasformare le vulnerabilità in un cambiamento positivo, i cui effetti benefici sono sia per l’individuo che li vive in prima persona, sia per la comunità in cui è inserito», conclude Di Federico. Per il futuro? Si guarda all’ampliamento delle reti, all’adozione di materie prime sostenibili, alla riduzione dello scarto, al ruolo della formazione. Non ci si ferma mai nella Cartiera.
Clicca qui per ascoltare il podcast sulle principali piattaforme di ascolto https://podcast.confindustriaemilia.it/
Leggi le altre interviste