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FARE INSIEME CHARITY – Ep. 1 – Casa Delle Donne di Bologna, un rifugio per ricominciare oltre la violenza

«C’è sempre una via d’uscita, una nuova occasione»

28/3/2024

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A Bologna nel 1990 è nato uno dei primi centri antiviolenza italiani, che da gennaio scorso ha una nuova sede in via Masia. Dalla sua apertura fino ad oggi sono oltre 16mila le donne che hanno trovato ascolto, sostegno e rifugio nell’associazione. Per FARE INSIEME Charity, Lucrezia Lanzani intervista Valeria D’Onofrio, socia, operatrice e responsabile del personale della Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna

FARE INSIEME CHARITY è lo spin-off del progetto FARE INSIEME dedicato alla presentazione di alcune onlus e società no profit, realtà fortemente presenti nei territori di Bologna, Ferrara e Modena e che svolgono un lavoro straordinariamente importante e cruciale per l’intera comunità

di Lucrezia Lanzani*

“Femminicidio: termine con il quale si indicano tutti gli omicidi di donne in quanto donne”. Questo tipo di violenza estrema solitamente è il culmine di una storia di violenze contro la donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica).
Bologna, 1985: tre casi di stupro a ragazze minorenni spingono alcuni collettivi a un dibattito sulla violenza di genere. Cinque anni dopo, in Via Capramozza, nasce uno dei primi centri antiviolenza: un gruppo di donne per le donne, con lo scopo di dare risposte a chi ne ha la necessità. Parlare di violenza è l’unico modo per prevenirla. Nel 1990 le istituzioni accolgono il progetto di “Casa delle Donne per non subire violenza”, ma il dubbio sull’esistenza del fenomeno persiste: in un territorio con un grado di occupazione e istruzione così elevato, la violenza è inconcepibile.

«Eppure sono state 350 le donne che quell’anno hanno chiesto aiuto e da allora questo numero è sempre in crescita. Ogni grande novità corrisponde a un incremento del numero di richieste. Prima una casa rifugio, poi due, poi tre, fino ad arrivare ai 68 posti letto attuali», racconta Valeria D’Onofrio, socia, operatrice e responsabile del personale di Casa delle Donne. Una crescita che non si ferma mai, come il problema che affronta. Una realtà in continua evoluzione, frutto di uno studio assiduo del fenomeno a livello globale, che ha portato a numerose collaborazioni per fare fronte alle richieste delle donne. Contrariamente a quanto spesso traspare sui media, la richiesta di giustizia e le denunce non sono l’obiettivo primario ma solo uno dei tanti strumenti a disposizione delle donne che vogliono intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza, ed è possibile rivolgersi ai centri anche se non si desidera sporgere denuncia. L’obiettivo principale è quello di interrompere il ciclo di violenza e permettere alla donna di riacquisire controllo sulla propria vita.

«Casa delle Donne è anche questo: educare il mondo a ciò che accade quotidianamente. Da anni organizziamo progetti di sensibilizzazione per chiunque, dalla prima infanzia fino all’età adulta, perché bisogna “decostruire” ciò da cui proviene realmente la violenza per impedire che accada di nuovo», ricorda D’Onofrio. Il 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, l’associazione organizza un festival culturale, per colmare una mancanza. Poco fanno le paure, sta tutto nella cultura e nell’educazione. Un lavoro certosino che dura nel tempo, ma che ancora non è abbastanza. È inutile spettacolarizzare la violenza, Casa delle Donne serve per ricordare che c’è una via d’uscita, una nuova occasione. Così funziona da 34 anni: affronta il problema, trova le soluzioni e inventa opportunità. Un impegno costante. L’offerta d’aiuto è ampia quanto la richiesta: da appartamenti e case rifugio a percorsi di sostegno al lavoro e alla genitorialità, al reinserimento sociale, assistenza legale e, da quasi 15 anni, risposte tempestive h24 a chiamate d’emergenza e richieste d’aiuto. «Ci contattano donne vittime di violenza, prostituzione, tratta e le loro famiglie, persone di ogni età e nazionalità. Nel solo 2023 abbiamo avuto quasi 1.000 percorsi a carico, tra progetti già avviati e nuove richieste», sottolinea D’Onofrio. Le donne che hanno trovato rifugio presso questa associazione, dalla sua apertura fino ad oggi, sono oltre 16.000: un piccolo esercito di persone che hanno capito che la loro non era solo una  storia  privata  e hanno scelto di raccontarsi e chiedere aiuto. La cosa più impressionante, a fronte di questi numeri, è la speranza sui volti delle volontarie, che guardano ai loro “successi” con determinazione, puntando sempre al massimo, riuscendo comunque a mantenere il sorriso.

Questo ha permesso anche di dare vita all’Atlante dei Femminicidi, un progetto di ricerca per mappare e rispondere a un fenomeno di cui il mondo si sta finalmente rendendo conto, dopo anni di silenzio. Merito delle associazioni come Casa delle Donne, che studiano il fenomeno della violenza in diverse realtà esistenti, a partire dalla Città Metropolitana di Bologna, in cui hanno trovato nuova sede in Via Massenzio Masia. «Una nuova struttura priva di barriere architettoniche, che la rende accessibile a chiunque, una necessità dal momento in cui abbiamo cominciato a studiare il fenomeno della violenza di genere legata alle disabilità. Oltre a questo, da due anni collaboriamo attivamente a un progetto riguardante altre vittime della violenza: gli orfani di femminicidio, bambine e bambini che, per quella violenza, hanno perso entrambi i genitori e famiglie che necessitano di sostegni», evidenzia ancora Valeria D’Onofrio.

Casa delle Donne è una realtà così grande che non ha intenzione di essere fermata. Esiste grazie alle fondatrici, che probabilmente non si aspettavano tutto questo. Esiste grazie alle 50 socie, alle operatrici e alle volontarie che devono seguire un corso di formazione per essere in grado di fornire il supporto richiesto. Esiste grazie alle collaborazioni, come quella con D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza. Esiste per e grazie alle centinaia di donne che ogni anno trovano il coraggio di intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza. Esiste grazie a tutti i sostenitori che anche tramite iniziative di crowdfunding, come quello lanciato per sostenere le spese di trasloco in via Masia, al quale è ancora possibile contribuire, permettono alla Casa delle Donne di continuare a operare nel territorio e di fare crescere il loro progetto, un progetto che non deve avere mai fine, almeno fino a che anche una sola donna possa avere bisogno. Un progetto che deve continuare a trovare soluzioni e ricordarci che il problema è di tutti e non bisogna mai smettere di parlarne.

*Lucrezia Lanzani è una studentessa del Liceo Steam Emilia, ha sedici anni e da sempre è interessata a tematiche sociali. Da tre anni presta attività di volontariato in diverse realtà della sua comunità.

Clicca qui per ascoltare il podcast sulle principali piattaforme di ascolto https://podcast.confindustriaemilia.it/

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