Nel
modenese c’è un’azienda che opera per centinaia di realtà impegnate a calcolare
con precisione la carbon footprint dei propri prodotti e delle
proprie attività. Obiettivo: prevedere e ridurre gli impatti determinati dalla
progressiva emersione dei costi associati alle esternalità ambientali. Perché
il futuro si costruisce già nel presente. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti
intervista Andrea Ronchi, fondatore di CO2 Advisor
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Credere
in ciò che si fa. Crederci a tal punto da decidere di fare un passo importante
come quello di accendere un’impresa. Ecco, la storia che stiamo per raccontarvi
tira in ballo il coraggio. Ma non fine a se stesso. Quello lasciamolo a chi non
ha competenze, preparazione, metodo. Questo coraggio significa consapevolezza.
Sapere che la via intrapresa è quella maestra. Ed è frutto di tanto studio,
anche sul campo. Questa storia parte da un giovane emiliano e coinvolge molti
altri esperti diventati suoi compagni di lavoro e tante aziende di media e
grande dimensione alle prese con le sfide ambientali. Che non sono più
rimandabili, ma vanno affrontate appunto con competenza, preparazione, metodo.
Tutto torna, potremmo dire.
Storia
dell’azienda. E allora scopriamo di più di questo
imprenditore modenese classe 1984, in tasca una laurea in economia conseguita
all’università di Modena nella facoltà intitolata al giuslavorista Marco Biagi
e poi una specialistica all’università della Svizzera Italiana. Lui si chiama
Andrea Ronchi e nel fare consulenza per grandi imprese sui temi ambientali ha
deciso di intraprendere il suo percorso imprenditoriale. «Ho capito col tempo
che la CO2 è una materia prima da trattare con grande rilevanza perché spesso è
la terza o quarta voce di costo di un conto economico aziendale. Quindi impatta
eccome. Io ho fondato CO2 Advisor mentre dirigevo lo sviluppo di
una giovane società di intelligenza artificiale nell’ambito dell’energia e poi
mentre fondavo la digital company del Gruppo Falk. Gli 8 anni precedenti li
avevo trascorsi nell’azienda leader sulla CO2 in Italia, e molte aziende continuavano
a contattarmi per consulenze legate ai mercati della CO2 e alle strategia di
carbon management. in quegli anni. Per questo motivo sin dai primi mesi abbiamo
operato per aziende importanti, come Mapei, Pirelli, Acque San Benedetto e
tante altre», racconta Ronchi. CO2 Advisor ha un team di nove consulenti
professionisti che lavorano sulle materie prime ambientali a livello italiano ed
europeo. Supportano aziende e associazioni industriali nella definizione di
strategie, programmi di compensazione delle emissioni di carbonio, valutazione
del rischio di CO2, regolamentazione e reporting. «Il tema della diminuzione
della nostra impronta sull’ambiente dovrebbe essere trattato in modo meno
ideologico e più legato al business e al metodo di rendicontazione dei dati. Il
percorso verso la decarbonizzazione è necessario, ma ci sono diverse modalità e
io sono da sempre un grande fan degli strumenti di mercato», dice Ronchi.
Identikit dell’azienda. Siamo a Castelnuovo
Rangone, quindicimila anime nel modenese, in una verdissima terra situata nell’alta
pianura ad un’altitudine che arriva anche a 100 metri sopra il livello del mare
e a circa 13 chilometri a sud-est di Modena. Intanto si sta ultimando una sede
operativa in provincia di Brescia, sulle sponde del lago di
Garda. L’azienda nel 2024 ha fatturato circa 1,6 milioni di euro e il
previsionale è di oltre 2 milioni nel 2025. Il mercato su cui si opera è
globale, prevalentemente per aziende italiane e nelle loro controllate estere
con circa 120 clienti. L’azienda è all’alba di un momento di grande
trasformazione perché inizia ad operare su due fronti molto nuovi:
quello legato allo sviluppo di progetti per la riduzione e la cattura
di CO2 e quello per lanciare il primo fondo di investimento su progetti
per la generazione di crediti di CO2. Intanto gli obiettivi di
decarbonizzazione oltre il 95% entro il 2050 rendono definitivamente l'ambiente
una risorsa scarsa. E tutte le risorse scarse hanno un valore. Quindi il valore
si riflette nei prezzi. «Quando diciamo che la CO2 deve essere
interpretata come una materia prima – un input di produzione, anche se in
effetti è un output – è perché la CO2 sta diventando un costo
esplicito in sempre più giurisdizioni e in sempre più settori. Si pensi che nel
2019 le emissioni globali coperte da sistemi di carbon pricing
obbligatorio erano il 15%, mentre oggi siamo oltre il 26%. Per un’azienda è mai
come oggi fondamentale conoscere dove si producono emissioni
di CO2 equivalente lungo tutto il ciclo di vita della propria
organizzazione o dei propri prodotti. Questo perché se oggi il business model
di un’azienda è profittevole senza che tutti i costi legati
alla CO2 in tutto il ciclo di vita siano espliciti, sarà ancora così
man mano che si estenderanno le normative di carbon pricing? È follia
impostare strategie di investimento con ammortamenti pluriennali senza
considerare i costi espliciti della CO2», dice Ronchi. In fondo la sfida
passa dalla consapevolezza. Perché – come sostiene Ronchi – ogni azienda
dovrebbe considerare con precisione la carbon footprint dei propri
prodotti e delle proprie attività per prevedere e ridurre gli impatti
determinati dalla progressiva emersione dei costi associati alle esternalità
ambientali. Il futuro si costruisce già nel presente.
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