Il concetto di innovazione aperta, molto legato alla cultura della rete di stampo americano e a quella Silicon Valley che ha plasmato tecnologie e talenti, nasce in Emilia. A teorizzarlo e metterlo in pratica ci ha pensato CRIT, che conta oggi su venti professionisti dedicati al 100% al mercato italiano, 70 aziende clienti e più di 2 milioni di euro di fatturato. Una società di consulenza privata nata su iniziativa di 14 prestigiose aziende emiliano-romagnole. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Marco Baracchi, direttore generale di CRIT
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Guardare
lungo, nel tempo e nello spazio. Una sorta di superpotere.
Anzi, di più. Una necessità per fare la differenza in un mondo sempre più
competitivo e instabile. La storia che stiamo per raccontare riguarda chi ci ha
visto lungo, precorrendo i tempi. Pionieri, si potrebbero definire.
Perché i protagonisti hanno anticipato un fenomeno diventato poi col tempo
assai rilevante. Quello legato all’open innovation, ossia all’innovazione
aperta, inclusiva, sistemica, visionaria. Ma facciamo un passo indietro, anzi
di lato. Perché si può decidere di continuare a lavorare sempre allo stesso
modo e sperare che tutto vada bene. Oppure si può ripensare il lavoro, anticipando
nuove tendenze, allargando la squadra, aprendosi al mercato, cavalcando le
rivoluzioni che bussano prepotentemente alla porta ma che spesso non sono
accolte, comprese, anticipate. In questo secondo caso si fa open innovation. È
un concetto relativamente nuovo, quello dell’innovazione aperta. Di fatto è un
paradigma che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso ad idee
esterne, così come a quelle interne, ed accedere con percorsi interni ed
esterni ai mercati, se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche:
così ha teorizzato nel 2003 il papà di questo pensiero rivoluzionario,
l’economista statunitense Henry Chesbrough. Puntare sull’open innovation
conviene: nascono e crescono così nuovi distretti reticolari grazie ad un modo
di ripensare prodotti, servizi, soluzioni.
Identikit
del network. Dall’America all’Italia, precisamente
all’Emilia. E torniamo a quei pionieri che abbiamo anticipato poco fa nel
nostro racconto. Perché all’alba del nuovo millennio, in quel Duemila che
iniziava a plasmare le aziende con tecnologie sempre più pervasive, nel cuore
dell’Emilia prendeva vita un progetto che rappresentava una sorta di esempio
pionieristico di quell’Open Innovation teorizzata tre anni più tardi da Henry
Chesbrough a Berkeley. In fondo l’innovazione collaborativa CRIT racconta tutto
questo e molto di più. Si tratta di una alleanza tra imprese di settori
diversi, senza prevalenti interessi commerciali reciproci, in cui potersi
scambiare informazioni su progetti di eccellenza e su problematiche relative
all’innovazione e a nuove tecnologie emergenti. Questo consente alle imprese di
imparare dalle esperienze di realtà amiche accorciando i tempi legati
all’innovazione tecnologica, essendo nel frattempo disponibili a condividere le
proprie esperienze in una vera ottica aperta. Tutto nasce da quattordici
visionari guidati dall’ingegnere Rossi, ex amministratore di Tetra Pak. A lui
14 imprenditori avevano affidato il compito di creare questa società su un’idea
estremamente innovativa e che avrebbe anche potuto non funzionare. Oggi CRIT
conta su uno staff di venti professionisti dedicati al 100% al mercato
italiano, 70 aziende clienti, più di 2 milioni di euro di fatturato. Obiettivo:
creare un broker tecnologico capace di trovare nel contesto internazionale le
migliori soluzioni a specifici problemi, idee ed esigenze di innovazione e di
avere a disposizione una rete di condivisione di soluzioni ed eccellenze
tecnologiche. D’altronde l’unione fa la forza. «In primo luogo avere un team di esperti
che a tempo pieno lavora per più aziende di settori diversi ma con interessi
tecnologici comuni per analizzare le nuove tecnologie, con banche dati
professionali e tool di intelligenza artificiale, un network costruito in 25 anni
di persone che lavorano in università, centri di ricerca e imprese di tutto il mondo,
consente ai nostri soci e clienti di avere risposte affidabili e in tempi contenuti
rispetto a quello che potrebbe fare un tecnico interno che non se ne occupa
quotidianamente a tempo pieno. Continuiamo a farlo dopo venticinque anni perché
le imprese hanno sperimentato l’utilità e la convenienza di questa innovazione collaborativa». Così racconta Marco
Baracchi, direttore generale di CRIT.
L’evoluzione del
progetto. Dagli esordi ai giorni nostri. Negli anni questa rete di imprese si è
allargata sempre di più fino a raggiungere i 30 soci attuali. «La specificità dei nostri soci è di essere
imprese che hanno nell’innovazione tecnologica uno dei fattori chiave del loro
successo. Non sono imprese commerciali, ma imprese che hanno un prodotto o un
servizio basato su tecnologia e innovazione continua. Sono spesso imprese
leader nei loro settori, anche se magari sono settori di nicchia. Nel mercato
puntano sulla qualità e sull’innovazione più che sulla riduzione dei costi per
essere competitivi. E ovviamente hanno una mentalità aperta e credono che
questa apertura in un ambiente protetto porti vantaggi rispetto alla chiusura
di chi non vuole condividere informazioni su tecnologie abilitanti per convinzione
di non avere nulla da imparare da altri ma solo da insegnare», dice Baracchi. Questa realtà è specializzata
nella ricerca e nell’analisi di informazioni tecnico-scientifiche e in attività
di sviluppo di progetti di ricerca. «C’è così tanta
conoscenza utile disponibile nel mondo oggi che è buona pratica, prima di
iniziare un progetto di innovazione, controllare e vedere cosa è già stato
fatto esternamente e che potresti essere in grado di utilizzare in un tuo
progetto», precisa Baracchi. Oggi CRIT fa scuola: si sono
aggregate anche imprese di altre regioni che trovano qui un ambiente ricco di
industrie all’avanguardia e con uno spirito aperto alla condivisione di
informazioni. Sempre orientati al miglioramento della vita delle persone, alla sostenibilità
ambientale e alla responsabilità sociale. Per le organizzazioni d’eccellenza il
futuro si costruisce insieme.
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