Una storia imprenditoriale che nasce nel secondo dopo guerra nelle valli di Comacchio tra Ferrara e Ravenna. Così nasce Della Rovere, che oggi registra un fatturato di 12 milioni di euro e il 60% della produzione destinato alle grandi filiere del lusso internazionale. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti racconta Gian Luigi Zaina, socio e Amministratore Unico di Della Rovere
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Ci sono storie che sanno di riscossa. Storie che costruiscono, laddove
altri distruggono. Storie che si rafforzano col tempo. Storie che uniscono fili
ad altri fili e che creano cose meravigliose. Ecco, la storia che stiamo per
raccontare è tutte queste cose insieme. E forse molto di più. Tutto nasce dalla passione per
la maglia e dalla voglia di ricostruire relazioni e benessere su un territorio
martoriato dalla Seconda guerra mondiale. Siamo a Longastrino, frazione di poco
meno di duemila anime abbracciata dai comuni di Argenta e Alfonsine,
rispettivamente legati alle province di Ferrara – città patrimonio dell’Unesco
– e Ravenna. Siamo tra le valli di Comacchio. Terra di confine, terra strappata
all’acqua, terra conquistata. Lo rivela il nome stesso. Longastrino nasce da lungo
le strine: sono quelle strisce di terreno che emergevano dalla valle. I
dòs, come li chiamano ancora oggi qui in Emilia. Ossia i luoghi per l’appunto
dove sorsero i primi insediamenti. Ecco, tutto nasce nel 1963 in questa zona
povera e ripresa con forza dal mare. Una lunga lotta dell’uomo col mare per
sottrarre lembi di terra da bonificare
e da far rinascere. Si tratta di un’economia legata a zone periferiche, che
però anche con mestieri semplici e strappando la terra al mare riesce a trovare
in questo avamposto una nuova America.
Identikit
dell’azienda.
Fare impresa e fare comunità, diciamo spesso. Ecco, è questo il caso. Perché
tutto nasce dall’intraprendenza di due giovani coniugi che portano un piccolo
laboratorio di provincia a maturare, a crescere, a competere su piazze globali.
Un laboratorio che si espanderà fino ad assumere una posizione di rilievo
all’interno del panorama della moda legata al made in Italy. Come ogni buona
storia che si rispetti partiamo dai protagonisti: Giordano Piovaccari, sarto di
bottega dalle grandi ambizioni: pensate che da quando aveva quindici anni
voleva mettersi in proprio. Paola Bersani, infaticabile magliaia a domicilio.
In fondo la sartoria oggi è appannaggio del settore Lusso, ma all’epoca era una
necessità. Così nasce Della Rovere, che oggi registra un fatturato di 12
milioni di euro con un incremento medio negli ultimi tre anni del 15% annuo,
conta 70 dipendenti diretti con un indotto sui 200 addetti. Oggi circa il 60%
della produzione è destinato alle grandi filiere del lusso internazionale. Brand
che guarda lontano. Molto lontano. Oltre il 70% del fatturato finisce in
export. Tradizione e innovazione, due parole strettamente interconnesse. «Le
tecnologie cambiano, come i terreni di competizione, dai diversi mercati
internazionali ai canali diversi di vendita, dagli stili ai colori. Ma sempre
la forte competenza tecnica e dedizione alla qualità, filati pregiati e
lavorazioni artigianali sono rimasti i valori da trasmettere con pazienza e
profonda dedizione», racconta Gian Luigi Zaina, socio e Amministratore Unico di
Della Rovere. Dagli esordi ai passi importanti, compiuti col gioco di squadra. Dopo
un inizio artigianale e di fatiche nel 1977 il primo grande salto. Il
maglificio italiano d’eccellenza unisce la sua conoscenza artigianale con la
fama mondiale del gruppo Les Copains in un rapporto che durerà ben ventiquattro
anni. Il 1980 segna l’inizio della collaborazione con Gianni Versace che sin
dalla sua prima collezione porterà con sé l’azienda sulle passerelle dell’alta
moda. Sarà proprio il maglificio di Longastrino a produrre la maglieria della
sua prima linea per oltre vent’anni. Intanto le tecniche di lavorazione si
affinano e i filati utilizzati vengono scelti fra i più pregiati ed esclusivi
al mondo. La qualità sartoriale del prodotto e l’innovazione diventano
caposaldo della cultura aziendale. Nel 2007 arriva un nuovo impulso imprenditoriale
con l’ingresso di Zaina e l’avvio del percorso di Industria 4.0.
Unicità della proposta. Così si collabora con i
più grandi brand e retailer mondiali. «Gli elementi distintivi delle nostre
proposte includono l’uso di materiali pregiati, i più difficili da lavorare, la
lavorazione artigianale di alta qualità, con tanta storia della migliore sartoria
italiana il tutto con un design raffinato e contemporaneo. Con i nostri clienti
intratteniamo relazioni basate sulla fiducia, sull’attenzione personalizzata e
sulla volontà di ascoltare e rispondere alle loro esigenze in modo tempestivo
ed efficace. Relazioni molto più strette che in passato, non basta più
raccogliere ordini e consegnare prodotti. Si devono condividere informazioni e
adeguarsi in velocità ai cambiamenti», dice Zaina. Oggi si gestisce un parco
macchine industriali di proprietà dal Veneto all’Umbria con oltre 200 pezzi. Intanto
è stato creato il primo stabilimento gestibile da remoto. «Le
macchine che noi utilizziamo sono sempre più connesse e condividono dati con
tutta la rete. Oggi in pochi minuti siamo in grado di passare da un disegno ad
un telo tessuto», dice Zaina. La grande sfida è condurre l’artigianato in un
sistema industriale che ne mantenga i valori storici del made in Italy, come la
flessibilità, la specializzazione, la motivazione sui risultati arricchendola
con integrazione, velocità, formazione, responsabilità sui risultati finali. «Gli artigiani non sono più nelle condizioni di tener
il passo da soli senza integrazione agli investimenti e alla formazione per
poter competere nel mercato globale. Oggi stiamo integrando sempre più l’intelligenza
artificiale nel nostro stabilimento gestibile da remoto. Stiamo elaborando algoritmi
per monitorare e ottimizzare i processi produttivi, portando dentro i server l’esperienza
artigianale»,
dice Zaina. Persone e tecnologie. Un binomio vincente per le organizzazioni d’eccellenza.
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