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FARE INSIEME CHARITY – Ep. 9 – Fondazione ANT, più di 45 anni al fianco dei pazienti oncologici nel segno dell’Eubiosia

«La solitudine è la più grande alleata della sofferenza»

20/3/2025

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Nel 1978 a Bologna il Professore Franco Pannuti diede il via all’esperienza di ANT, oggi Fondazione ANT Italia Onlus, la più ampia realtà non profit per l’assistenza specialistica domiciliare ai malati di tumore e la prevenzione oncologica gratuita. In oltre quarant’anni di attività, ANT ha curato oltre 170.000 persone in 12 regioni italiane, assistendo ogni anno oltre 10.000 persone nelle loro case attraverso équipe multi-disciplinari che assicurano cure specialistiche di tipo ospedaliero, psicologico e socio-assistenziale. Per FARE INSIEME Charity, Lucrezia Lanzani intervista Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione ANT

FARE INSIEME CHARITY è lo spin-off del progetto FARE INSIEME dedicato alla presentazione di alcune onlus e società no profit, realtà fortemente presenti nei territori di Bologna, Ferrara e Modena e che svolgono un lavoro straordinariamente importante e cruciale per l’intera comunità

di Lucrezia Lanzani*

“Assistenza: il prestare la propria opera o le proprie cure a chi ne abbia bisogno, recando, ove sia necessario, conforto, aiuto, soccorso”.

15 maggio 1978, l’oncologo primario dell’ospedale Sant’Orsola Malpighi, Franco Pannuti, decide che non vuole più limitarsi all’attività ospedaliera e fonda l’Associazione Nazionale per lo studio e la cura dei Tumori Solidi, investendo 20 milioni di lire ricevute da diverse sponsorizzazioni di aziende farmaceutiche. Per fare questo, decide di chiedere aiuto a persone che vengono “dalla strada”: persone normali che volevano essere coinvolte e ingaggiate nella lotta contro i tumori. «Franco Pannuti, mio padre, non era solo oncologo, ma era un grande studioso con una grande ambizione: voleva stare vicino alle persone. Quindi, lui e altri 12 collaboratori si riunirono davanti ad un notaio per sottoscrivere il patto d’onore contro il tumore, così nacque l’associazione», racconta Raffaella Pannuti, dal 1998 in Fondazione ANT di cui oggi è presidente. La Fondazione nasce come un polo di ricerca al dipartimento di chimica industriale, per studiare il percorso dei farmaci all’interno del corpo umano. Così nasce la collaborazione con il laboratorio di farmacocinetica metabolismo e viene pubblicata la rivista “Ricerca 2000”.

«Nel 1984, assistito da mio padre e da un’infermiera a pagamento, morì mio nonno, suo suocero. Da esperienze familiari come questa, nel 1985, comincia l’assistenza domiciliare. Il nostro credo è sintetizzato nel termine Eubiosia, dal greco, ‘la buona vita’, e per questo da sempre forniamo assistenza medico-specialistica gratuita a casa dei malati di tumore. Dal 2004, inoltre, svolgiamo attività di prevenzione oncologica. La Fondazione è anche entrata a far parte dei gruppi europei sull’invecchiamento attivo e lavoriamo in continuazione su progetti per rimanere al passo con i tempi», racconta ancora Raffaella Pannuti. Ad oggi, ANT offre assistenza ai sofferenti di tumore in stadio avanzato e avanzatissimo ed è la più grande realtà del terzo settore che si occupa di cure palliative in Italia. La Fondazione opera gratuitamente in 170 punti, divisi in 12 regioni, assistendo circa 3 mila sofferenti di tumore al giorno, per un totale di oltre 10 mila all’anno. Questo è possibile grazie alle donazioni, infatti solo meno del 20% dei fondi provengono da convenzioni con le ASL, mentre il resto viene da donazioni, eventi, manifestazioni e attività di crowdfunding. Questo implica che ANT investe nella sanità pubblica l’80% delle risorse raccolte.

Oltre all’assistenza a caregiver e familiari dei pazienti, la Fondazione si occupa di ricerca sul tema del dolore, sui modelli di assistenza e sull’intelligenza artificiale e, come detto, di prevenzione, offrendo circa 22 mila visite gratuite all’anno. Inoltre, la Fondazione è presente nelle scuole di ogni ordine e grado con attività di formazione in merito a prevenzione, solidarietà, assistenza e, per i più grandi, anche elaborazione del lutto, intervenendo sia su studenti che su insegnanti. Ma come si misura l’impatto del lavoro di ANT? Nel 2016 la Fondazione ha cercato di quantificare l’impatto del modello di assistenza sul territorio e il valore di ogni euro raccolto, trasformato poi in servizi dal valore quasi raddoppiato. Nel 2021 è stata utilizzata la Teoria del cambiamento e la ricerca ha mostrato che, dove era presente assistenza domiciliare, il sistema sanitario risparmiava circa 4.500 euro in prestazioni medico/infermieristiche, a fronte di 1.500 euro di investimento, a cui vengono aggiunte le spese di assistenza familiare. «Un giorno, una signora è venuta da me a dirmi: “Dottoressa, la devo ringraziare perché mia madre, appena morta, a 90 anni non camminava e faceva avanti e indietro dall’ospedale; fino a che, grazie al cielo, le hanno scoperto un tumore e siete intervenuti voi. Alla fine è morta in pace e non per quella malattia”. Esempi come questo, se vogliamo parlare di impatto, grazie ad ANT si ripetono per 10 mila persone l’anno» evidenzia ancora Pannuti. ANT si basa su due pilastri: i volontari, garanti dell’idea dell’Eubiosia e sostenitori dell’assistenza, e i professionisti, medici, infermieri e psicologi che hanno una dignità lavorativa.

«Vorrei far capire il peso, anche psicologico portato da me e i miei collaboratori: io ho a libro paga 500 persone perché assisto 10 mila persone all’anno: psicologicamente non è da poco trovare i fondi ogni mese per poter garantire assistenza costante ai pazienti. Finché posso assisterli, lo faccio, non mi interessa se il paziente non ha il domicilio o il medico di base. Finché posso lo faccio», rimarca con orgoglio la presidente di Fondazione ANT. Nel futuro di ANT, si prospetta anche una proposta di legge per implementare la professionalità degli infermieri affinché possano aiutare a garantire l’assistenza sul territorio, ma per farlo, occorre raccogliere 50 mila firme.

«Per formare un medico occorrono 10 anni, da un anno stiamo lavorando per formare gli infermieri per andare a casa delle persone e intervenire direttamente. Gli enti del terzo settore sono dei precursori, la società civile si riunisce in gruppi perché ravvisa un bisogno che il pubblico non ha coperto. A questo punto, mi sorge una domanda: quando un anziano si trova con un coniuge malato, sarebbe meglio che provasse a risolvere con una telefonata o che ricevesse assistenza a casa da un infermiere? Noi faremo una proposta di legge per dare la possibilità a questi familiari di non sentirsi mai più soli. La solitudine è la più grande alleata della sofferenza», conclude Raffaella Pannuti.

*Lucrezia Lanzani è una studentessa del Liceo Steam Emilia, ha diciassette anni e da sempre è interessata a tematiche sociali. Da tre anni presta attività di volontariato in diverse realtà della sua comunità.

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