A Imola due amici per la pelle divenuti soci in affari mettono in piedi un’azienda incentrata sulla consulenza tecnologica e a forte vocazione sociale. Si lavora sulle tecnologie, ma al centro ci sono le persone. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Umberto Ciriello e Antonio Marotta, co-founder & CEO di Quinck
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Compagni
di scuola, compagni di niente. Così cantava Antonello Venditti. Ma ne siamo sicuri? In
fondo quei compagni di scuola diventano anche compagni di tutto. Ossia di tutto
quel mondo racchiuso tra il proprio banco, lo smartphone e il campo da
calcetto. Un tutto che negli anni si accresce di intuizioni, di visioni, di
ambizioni.
Identikit
dell’azienda.
Ecco, la storia che stiamo per raccontare è quella di due amici per la pelle diventati
negli anni soci in affari. Una storia che ha a che fare con l’amicizia, ma
anche con l’intraprendenza. E ancora: una storia legata al fallimento e al
successo, ossia alla capacità di cadere per poi rialzarsi e fare la differenza.
Una storia che lega i due in un’impresa che fa business, scalando i mercati e
poi li cementa nella propria comunità, quella terra di mezzo che si allunga
verso sud tra l’Emilia e la Romagna. Terra del fare e soprattutto del fare
insieme. Terra che unisce persone e tecnologie in un amalgama vincente.
Terra che attrae e intercetta talenti, legandoli a una comunità che li
accoglie. Terra che in fondo tutto il mondo ci invidia. Siamo a Imola, nella
prima zona industriale. Qui oggi ha sede Quinck. La startup conta quasi una
ventina di persone e nel portafoglio clienti d’eccellenza come IMA, Satispay,
Gruppo Sacmi. Si cresce a tre cifre percentuali in Quinck. Nel 2022 al +300%,
nel 2023 al 100%. «Stiamo
attraversando diversi cambiamenti. Siamo nati come startup di prodotto, ma il
mercato ha respinto la nostra innovazione. Così abbiamo dato vita a Quinck come
azienda di consulenza per l’innovazione e lo sviluppo di software. Da lì
abbiamo reintegrato la componente startup», raccontano Umberto Ciriello e Antonio Marotta.
Entrambi si conoscono da quasi trent’anni. Insieme hanno messo in piedi questa
società in qualità di co-fondatori. Oggi Umberto è CEO, affiancato da Antonio
come co-CEO. Ai due però non basta fare business. Si deve pensare alla
comunità. Cioè a ciò che sta intorno al fare impresa. Nasce così il progetto
no-profit Setiserve.it, piattaforma che risponde ai bisogni dei cittadini.
La lezione vincente. Ma
facciamo un passo indietro. Perché questa storia ha tanto da insegnarci.
Quell’intuizione iniziale, fallita di lì a poco, ha permesso ai due amici e
soci di individuarne un’altra che si è rivelata vincente. Mai darsi per vinti,
soprattutto quando la partita imprenditoriale la si gioca insieme. «La verità è che siamo
legati al nostro territorio e crediamo nella missione di creare impresa
virtuosa in Italia. Siamo grati a questo ecosistema che ci ha sostenuto con
diversi strumenti e che ci rispecchia nella sua voglia di crescere e portare
modelli positivi. All’inizio abbiamo voluto creare una startup di prodotto
nella mobilità pubblica, un telepass per i mezzi pubblici per incentivarne
l’uso, aiutando le aziende a gestire i flussi al meglio con un approccio data
driven. Ma l’innovazione non ha penetrato il mercato. Eppure non ci siamo
arresi e abbiamo deciso di individuare un nuovo modo per lavorare insieme. In
fondo abbiamo scoperto una sinergia preziosa da non abbandonare. È stata
un’ottima decisione e oggi ne stiamo raccogliendo i frutti. Il senso di
fratellanza ci ha più volte motivato a superarci e a coltivare una versione
migliore di noi stessi»,
affermano Umberto e Antonio. Per questi due startupper tre sono i concetti
chiave per fare impresa: partire dalle persone aperte di mente, oneste e
determinate. Puntare su una tecnologia di prodotto valida, utile, sostenibile e
persino indispensabile. Investire nelle relazioni con esperti, partner,
territorio. La ricetta dell’Emilia Valley? Think
global, act local. «Questo
è un concetto a nostro avviso assai valido. Questa regione sta acquisendo
pratiche e virtuosismi dall’ecosistema startup globale ed è un ottimo luogo in
cui fare innovazione in Italia. È normale che in fase iniziale gli ecosistemi
locali siano caratterizzati dalle proprie peculiarità e ragionino in una
modalità cucita su misura sul tessuto locale. Poi in fase più matura si guarda
ad una scala internazionale»,
raccontano Umberto e Antonio. Così si guarda al futuro con ottimismo,
consapevolezza, curiosità. E si lavora per sviluppare una software house,
consolidando partnership e alleanze, e una startup studio. Mai arrendersi.
Perché le strade dell’innovazione sono assai tortuose, ma insieme si affrontano
meglio.
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