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FARE INSIEME - Storie di imprese, persone, comunità

25/10/2021

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di Giampaolo Colletti
@gpcolletti

Radici ancorate alla propria terra per generare lavoro e valore, ma con la capacità di raggiungere ogni angolo del mondo. Intuizioni geniali che diventano impresa e che scalano i mercati. Prodotti, servizi, soluzioni che fanno la differenza e che raccontano un tessuto produttivo ma soprattutto valoriale in quel distretto hi-tech emiliano che il mondo ci invidia. E poi ci sono le persone, quel capitale umano che batte il capitale economico. Anzi, lo moltiplica in modo virtuoso. Perché tutto parte dalla squadra per fare la differenza in un contesto globale molto più complesso, fragile, interconnesso.

Le storie di impresa che ho avuto il privilegio di raccontare in fondo sono tutto questo e molto di più. Non basta fare, bisogna fare bene. E fare del bene in questo triangolo di innovazione e ricerca che si articola con successo da sempre in un asse compreso tra Bologna, Modena e Ferrara. In queste aree a forte vocazione imprenditoriale si annidano storie di donne e uomini che hanno fatto impresa, ma in fondo hanno fatto comunità. “Le aziende che ottengono i risultati migliori nel lungo periodo incorporano nella loro attività uno scopo sociale, che è importante tanto quanto lo scopo economico”: lo ha messo nero su bianco uno dei padri del marketing contemporaneo, quel Philip Kotler che negli ultimi tempi si è dedicato al brand activism, ossia al ruolo sociale oltre che economico delle imprese.

Ed ecco allora che in queste “Storie di imprese, persone, comunità” – il nuovo storytelling multipiattaforma e multilingua alla scoperta dell’eccellenza imprenditoriale – si va a scoprire il laboratorio, la produzione, l’ufficio, ma in realtà molto di più. Perché in questi luoghi si registrano anche nuovi modi di fare impresa. D’altronde la ricetta per generare innovazione oggi sta nel passare dalla contingenza del just in time al valore del lavoro in comunità con il just in case. Così ha scritto Simon Kuper sul Financial Times. Avere vision, racchiusa nella mission, come direbbero gli americani. Ma questo modo di fare – che è sostanza, non è forma – è una firma tutta italiana. Ecco perché c’è bisogno di raccontare queste storie imprenditoriali che trasudano innovazione, ricerca, internazionalizzazione.

Competenze verticali e trasversali che si esplicitano nel gioco di squadra e si rafforzano nei distretti reticolari e connessi dell’Emilia nell’area ad alto tasso di innovazione legata ai distretti di Modena, Bologna e Ferrara. Dal biomedicale alla componentistica legata all’automotive, dal tessile e alla ceramica, dalla meccatronica alla data science. Storie di leader nel packaging, nell’agroalimentare, nell’elettronica. Una narrazione sulle qualità manifatturiere e sociali del territorio che esporta per quasi la totalità negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna, nel mondo. Si tratta delle imprese associate a Confindustria Emilia: 3.483 realtà che danno lavoro ad oltre 170mila famiglie, distribuite su 20 filiere per oltre la metà del fatturato nazionale. Nelle storie in filigrana c’è l’elemento digitale come abilitatore di opportunità. Un digitale che prende le forme di processi, competenze, investimenti. Perché tutto ciò comporta conoscenza e consapevolezza. Dati da gestire per decriptare la complessità, dati che diventano strumenti anti-crisi per gestire la complessità. Una sfida titanica di riconversione non tanto strumentale e infrastrutturale, quanto professionale, con una necessaria alfabetizzazione di competenze, che devono ricentrarsi, partendo dal digitale.

Qualche tempo fa il collettivo inglese di artisti, disegnatori e fumettisti conosciuto come Most Collective ha raccontato il futuro del lavoro in un cartoon chiamato “The last Job”: in scena la storia di Alice, ultima lavoratrice sulla terra in un mondo digitalizzato. Alice a casa, al lavoro, per strada. Alice impegnata a fare la spesa o in viaggio. Alice come avamposto umano per relazioni virtuali che passano di fatto solo ed esclusivamente dallo smartphone. Una visione apocalittica ma anche lontana anni luce da ciò che sarà il futuro. In queste storie il digitale non è più accessorio, ma è parte integrante della trasformazione di un’azienda, di una città, di una comunità. Il digitale che fa la differenza nei sistemi, nei processi, nelle persone, nella quotidianità. Con una sfida ancora più complessa: anche perché non c’è nulla di più complicato che rendere semplici le cose. 

Ecco allora che forse la ricetta di queste imprese di successo sta nel non fermarsi mai, nell’essere orgogliosamente legate alla tradizione e alla comunità, ma allo stesso tempo nell’essere capaci di evolvere per interpretare al meglio i nuovi bisogni che si palesano prepotentemente. Di tutto questo leggerete o ascolterete perché il racconto multimediale sarà fruibile come lettura o come audio in podcast. Un racconto che declina una cittadinanza attiva territoriale, un welfare nato molti anni prima del concetto stesso di welfare. Buon viaggio allora nelle storie dei fornitori del mondo, dove la qualità si lega alla restituzione.
Perché come ha scritto Hugh Macleod sul Guardian, “per riempire le pagine bianche di questo mondo nuovo occorre scommettere sui global microbrand, sul business che incontra la comunità”.

* Giampaolo Colletti è un giornalista esperto di innovazione e digitale. Collabora col Sole24Ore. È fondatore della job-community wwworkers. È autore di “Spider Brand”, edito da Egea, casa editrice dell’Università Bocconi

Clicca qui per ascoltare il podcast sulle principali piattaforme di ascolto https://podcast.confindustriaemilia.it/

 

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