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FARE INSIEME - Ep. 18 - Datalogic, quel colosso emiliano hi-tech leader nel mondo dei lettori per codice a barre, inventati cinquant’anni prima dall’ingegnere “startupper”

«Le soluzioni, anche protette dai brevetti, possono essere copiate, ma le persone restano il valore più importante»

21/12/2021

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Quasi tremila dipendenti in giro per il mondo, 1.200 brevetti realizzati da oltre 500 ingegneri e un investimento in R&D tra il 10 e il 12% del fatturato. «La ricerca è centrale, ma la tecnologia non è fine a se stessa e deve essere sviluppata sulla base dei bisogni dei clienti». Per FARE Insieme Giampaolo Colletti intervista Valentina Volta, Ad di Datalogic
 

di Giampaolo Colletti
@gpcolletti

Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero

Se fosse nata oggi si direbbe di lei che è una startup. Anzi, una scaleup per la capacità di innovare, internazionalizzare, crescere di fatturato e interesse. Eppure, questa storia nasce nell’hinterland bolognese nel lontano 1972. Una storia che dall’università di Bologna riesce a girare il mondo intero, cambiando di fatto ovunque il mercato. È Datalogic, che si inserisce proprio in quei tumultuosi anni ’70 segnati dalla crisi economica mondiale e dagli assetti dettati dalla guerra fredda, dal Watergate negli Stati Uniti e dagli anni di piombo in Italia. Ma mentre il mondo viveva questa fase di protesta, c’era chi lavorava sulla proposta. Studiare, sperimentare, persino sbagliare, ma riprovare e alla fine farcela. In fondo è questa la ricetta dell’innovazione, con quelle coincidenze che aiutano gli audaci. «Datalogic è nata per soddisfare le esigenze delle aziende del packaging legate ai controlli meccanici con sensori ottico-elettronici. Mio padre cominciò questa attività imprenditoriale partendo dal niente. In fondo fu una coincidenza che queste aziende si rivolsero all’università per trovare soluzioni elettroniche per le loro macchine. Il professore propose a mio papà, all’epoca assistente universitario, di lavorarci. E lui raccolse la sfida. A quei tempi l’approccio dell’università era molto legato alla teoria, è stato un qualcosa di rivoluzionario quello che ha fatto mio papà. Nel 2022 celebreremo il nostro cinquantesimo anniversario della fondazione. Siamo una realtà che si fonda sull’innovazione», racconta Valentina Volta, dal 2017 Amministratrice Delegata di Datalogic, leader nel mondo dei lettori per codice a barre inventati cinquant’anni prima dal papà Romano.

L’ingegnere startupper. Ma procediamo per gradi e prima di arrivare ai giorni nostri torniamo proprio a quell’intuizione dell’ingegner Volta, arrivata dopo tanto studio. Il suo garage, per riprendere un’immagine cara alla mitologia americana dell’innovazione, era in un locale della canonica nella parrocchia di San Michele Arcangelo a Quarto Inferiore, frazione con duemila anime del comune di Granarolo dell'Emilia, in provincia di Bologna. Un’idea nata per innovare la packaging valley mondiale, perché in questa parte d’Emilia hanno sede la maggior parte delle aziende leader al mondo per il confezionamento e l'impacchettamento. Volta realizzò un primo dispositivo chiamato Color Mark Reader per rilevare lievi differenze di contrasto sul materiale di imballaggio, ancora oggi installato in tutte le confezionatrici. Ma l’innovazione disruptive è stata la capacità di combinare l’ottica con l’elettronica, che dai sensori ha portato alla realizzazione dei primi lettori di codici a barre. Grazie alla rapida internazionalizzazione dell’azienda, l’Ing. Volta entrò in contatto con questa tecnologia negli Stati Uniti d’America a metà degli anni ’70 e ne intuì subito il grande potenziale, iniziando a sviluppare i primi lettori per uso industriale in Europa.  Messa a punto a livello embrionale da due professori universitari americani nel 1948, la tecnologia della lettura di codici a barre per l’identificazione dei prodotti vide infatti la sua prima implementazione applicativa nel 1974, in America, in un supermercato di Troy, nell’Ohio, e ha fatto la storia. Oggi quel primo scanner da banco è esposto al Museo di storia americana a Washington e grazie a un’importante acquisizione, dal 2005 fa parte della storia di Datalogic. «Mio padre, che aveva un approccio pratico e una grande manualità appresa frequentando l’istituto tecnico, in base alle richieste ha cominciato a testare questi prodotti e, lasciata l'università, si è messo in proprio: sviluppava, produceva e andava a vendere nelle fiere in Germania e in Europa. All’epoca quella di papà era un’attività rischiosa. Non c’erano finanziatori. Per pagare i fornitori bisognava ricevere l’incasso dai clienti. Ecco, l’azienda resta ancora oggi quella realtà visionaria e imprenditoriale degli inizi. Le nostre radici e i nostri valori non sono cambiati perché si è mantenuto quello spirito pioneristico degli esordi. Mio papà è presidente esecutivo e ci supporta ancora nelle decisioni strategiche», racconta Valentina Volta. Pensare che all’inizio c’era solo lui, l’ingegnere startupper, mentre oggi Datalogic conta 2800 dipendenti suddivisi nel 55% in Europa, 20% in America e il resto in Asia: numeri rilevanti perché in Vietnam c’è un importante sito produttivo. C’è poi l’esercito di competenze legato ad oltre 500 ingegneri. Tra i clienti si annoverano le più grandi imprese al mondo, addirittura il 40% delle 500 inserite nella classifica Fortune tra le più grandi. L’evoluzione ha portato poi la quotazione nel segmento Star della Borsa di Milano nel 2001.

La nuova identification valley. «Per noi oggi il mercato nel quale lavoriamo è quello dell’identification valley. Un ambito unico e innovativo legato all’identificazione. Oggi i principali concorrenti di Datalogic, legati ai produttori di lettori di codici a barre, sono Americani», precisa Volta. Datalogic si inserisce in questo contesto in movimento: un’azienda specializzata nella progettazione e produzione di lettori di codici a barre, RFID, sensori per la rilevazione, misurazione e altri apparecchi elettronici. Ci sono i lettori manuali da banco, mobili, industriali, impiegati nel retail, nelle fabbriche, negli aeroporti, nei centri di logistica, nel manufacturing e negli ospedali. Questo è il tempo della ripresa, dopo la parentesi dell’anno scorso con la piena pandemia: nei primi sei mesi del 2021 si è registrato un fatturato di 300 milioni di euro, con una crescita del +31% a cambi costanti, un’ebitda di 47 milioni di euro, sul fatturato 16% e un utile netto di 23,5 milioni di euro. Poi ci sono i trend degli ordini, con una crescita a doppia cifra percentuale, tornati ai livelli del 2019. Azienda innovativa e tecnologica. Oggi Datalogic conta più di 1200 brevetti che fanno parte dell’equity e hanno un grande valore perché costituiscono vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza e sono il frutto dell’attività inventiva dei 500 ingegneri impegnati nella ricerca e sviluppo in tutto il mondo, sia nelle due sedi bolognesi che in quelle americane in Oregon e in Pennsylvania. «Nel 2016 investivamo il 9% in R&D e oggi siamo tra il 10 e il 12% del fatturato. Perché ancora oggi la conoscenza è valore. La ricerca è tutto, l’innovazione è centrale. I nostri clienti si aspettano sempre l’ultima innovazione e soddisfarli è un mantra. Abbiamo un indicatore che misura la loro soddisfazione, la qualità della nostra offerta in termini tecnici. È il Net Promoter Score, un sistema di misurazione che ci permette di restare sempre in ascolto dei clienti. D’altronde il futuro è un viaggio che si compie insieme», ricorda Volta. 

Dal bolognese al mondo intero. L’headquarter è a Lippo di Calderara di Reno, nel bolognese, ma gli stabilimenti di produzione e i centri di riparazione sono in Italia, negli Stati Uniti, in Ungheria, Slovacchia e Vietnam. Quindi radici ancorate in Emilia e capacità di scalare i mercati con una ricetta glocal di successo. «Il segreto è pensare in grande. In America abbiamo acquisito una presenza significativa puntando sulle acquisizioni e sulla crescita delle persone, che hanno portato idee, valori, cultura. Oggi quasi la metà della nostra forza lavoro è fuori dall’Europa. Siamo un’unica grande azienda che va dalla nostra sede fino a tutte le filiali estere». Il futuro? Per Valentina Volta è orientato sempre dal cliente. «Occorre guardare a lui come una bussola per capire la direzione da intraprendere. Come azienda hi-tech si resta talvolta troppo focalizzati sulla propria tecnologia, mentre la tecnologia non è fine a se stessa, ma deve essere sviluppata sulla base dei bisogni dei clienti. Le soluzioni, anche protette dai brevetti, possono essere copiate, ma le persone restano il valore più importante. Oggi rispetto al passato pensiamo sempre di più a come sviluppare i nostri talenti, offrendo loro opportunità di crescita e a promuovere la sostenibilità all’interno del nostro gruppo. Come in passato le nostre persone fanno la differenza», precisa Volta. Le esigenze dei clienti cambiano: prima c’era bisogno del lettore per leggere il codice a barre, oggi ci sono soluzioni più avanzate come nel check-out dei supermercati, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale per individuare i prodotti rimasti nel carrello. «Oggi stiamo lavorando alla prossima generazione di lettori con soluzioni innovative che possano offrire il riconoscimento dei prodotti tramite sistemi di visione. I nuovi lettori e i mobile computer si ricaricano senza contatti, grazie al wireless charging. Per il mobile computer, che è come uno smartphone e lavora col sistema operativo Android, abbiamo stretto accordi con Google», dice Volta. Proprio come quel pionieristico e visionario codice a barre pensato cinquant’anni fa, il futuro è tutto da decodificare insieme.

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