Dalla provincia di Modena ai mercati mondiali. Italpizza è il primo esportatore di pizza surgelata negli Stati Uniti. La chiave vincente? Fare una pizza con le caratteristiche tipiche della pizzeria, ma su scala industriale. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Cristian Pederzini, founder & CEO di Italpizza
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Ci
sono storie che lievitano lentamente, come un impasto buono. Ci mettono tempo,
ma poi diventano irresistibili. Vale anche per Italpizza, azienda modenese che
oggi sforna oltre 90.000 pizze l’ora, 1,8 milioni al giorno prodotte in sette
stabilimenti per un export che vale il 65% del fatturato. Dietro questi numeri
ci sono le storie di donne e uomini che hanno dato vita ad un successo
imprenditoriale, partendo da un’icona dell’italianità: la pizza. Ecco, questa realtà
ha saputo portare nel mondo non solo quel profumo buono del forno a legna, ma
anche la cultura del saper fare emiliano, quella che unisce ingegno, resilienza,
competenza, visione.
La
storia dell’impresa. Questa storia inizia in Emilia. È il
1991 quando un giovanissimo Cristian Pederzini, poco più che ventenne, decide
di lanciarsi in un’avventura tutta sua. «Facevo l’università, ma sentivo il
bisogno di costruire qualcosa con le mani. Mio zio lavorava nella meccanica, ma
io volevo andare oltre. Così ho affittato un locale e ho iniziato a fare pizze
con forni a legna, surgelandole poi a mano dentro agli abbattitori». Tutto
nasce nel retro di un piccolo locale preso in affitto, pagato a cambiali. Un
sogno che profuma di farina e coraggio. E che nasce più per istinto che per
calcolo. «Un amico mi chiese: “Hai fatto il business plan?”. Io lo guardai come
un marziano», racconta ancora oggi Pederzini sorridendo. L’idea era semplice e al
tempo stesso rivoluzionaria: portare la qualità della pizzeria dentro i
surgelatori. «Il freddo è una tecnologia straordinaria. Blocca l’eccellenza del
prodotto nel momento migliore e la restituisce intatta al consumatore. La nonna
surgelava tortellini, torte e crostate. Mi ha insegnato che la conservazione
può essere sinonimo di qualità», dice Pederzini. Nasce così Italpizza, tra
colline e passione, in un laboratorio che profuma di forno a legna e di futuro.
Negli anni Novanta, mentre molti guardavano all’industria come sinonimo di standardizzazione,
lui decide di seguire un’altra strada: quella della artigianalità replicata su
scala industriale. Italpizza non è un’industria di pizze, ma una pizzeria
industriale: è il motto che accompagna il gruppo fin dai primi passi. Il primo
stabilimento arriva nel 1999 a Modena, lungo l’autostrada. È lì che prende
forma il cuore pulsante dell’azienda: produzione, ricerca, sviluppo, direzione.
Da quel momento in poi la crescita è continua. L’azienda si specializza nella
private label, collaborando con i più importanti retailer internazionali e
diventando il primo esportatore di pizza surgelata negli Stati Uniti. Ma non
basta. Nel 2016 nasce il marchio proprio e la mitica 26x38, la pizza
rettangolare che richiama la teglia di casa. È la nuova svolta. «È una pizza
che racconta l’Italia della condivisione. È familiare, autentica, come una
chiacchierata in cucina», dice Pederzini. Da allora il marchio non si è più
fermato, diventando in meno di dieci anni leader in Italia nella sua categoria.
La ricetta del successo? Lievitazione naturale di ventiquattr’ore, stenditura
manuale e cottura in forno a legna. Nessun compromesso sulla qualità. Persino
Massimo Bottura ne ha parlato in un dialogo con Reid Hoffmann, fondatore di
LinkedIn: “C’è un’azienda straordinaria a Modena, si chiama Italpizza. Se segui
la ricetta con la precisione di una macchina, puoi ottenere una pizza
perfetta”.
Dall’Emilia al mondo
intero. Da Modena la storia si è allargata: Mortara (Pavia), Castelbelforte
(Mantova), Malgrat del Mar (Spagna), Caudry (Francia). Un mosaico di esperienze
che ha portato Italpizza a diventare un hub continentale del gusto e
dell’innovazione. Oggi il gruppo conta oltre 1.800 persone e un fatturato che
supera i 400 milioni di euro, con l’obiettivo di arrivare a 575 milioni di
pizze prodotte nel 2028. Ma dentro questa impresa c’è ancora lo spirito di quel
laboratorio. «Alcuni dei lavoratori sono con noi dal
primo giorno. Siamo una realtà fortemente manifatturiera: il 90% delle persone
lavora sulla linea di produzione, con una grande attenzione ai giovani, alla
formazione, alla qualità. È un’impresa che cresce insieme alla sua gente», dice
Pederzini. Radici emiliane forti, ma sguardo globale. «Il nostro pomodoro
arriva dall’Emilia-Romagna, la legna dai boschi tosco-emiliani, ma le nostre
pizze viaggiano in 65 Paesi del mondo. È la dimostrazione che l’eccellenza
locale può diventare universale. Stiamo investendo per consolidare la nostra
presenza internazionale, puntando sui mercati europei, in particolare quello
francese. È un passo importante, una sorta di lettera d’amore verso Italpizza.
Significa dare stabilità, rafforzare la coesione e guardare al futuro con una
visione ancora più ampia», dice Pederzini. Da una piccola pizzeria con forno a
legna a gruppo leader mondiale. Ecco la parabola di Italpizza che racconta
molto dell’Emilia che innova facendo. «Qui ogni idea nasce attorno a un tavolo,
tra mani che impastano e menti che progettano. Fare impresa, in fondo, è
proprio questo: fare insieme». Un lavoro di squadra in cui – è proprio il caso
di dirlo – si hanno le mani in pasta. E gli sforzi vengono premiati dal
mercato: dal 2023 Italpizza diventa brand leader sul mercato italiano per la
propria categoria. «L’Emilia è il nostro motore. È una terra che non smette mai
di lavorare. Qui si respira la cultura del fare, la concretezza. Il distretto
ci ha insegnato che la qualità è una cosa seria e che le relazioni contano
quanto le idee», conclude Pederzini. In questa storia fatta di farina e di freddo,
di legna e di logistica, l’innovazione convive con la memoria. Che storia
meravigliosa!
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