A Ferrara c’è un imprenditore che ha rivoluzionato il sistema di protezione per archivi e musei di tutto il mondo. Makros – una decina di dipendenti e una squadra trasversale di esperti – si occupa della protezione da fuoco, acqua e deterioramento dei beni culturali: così si tutelano pergamene, libri antichi, documenti, opere d'arte e suppellettili il più delle volte conservati nei depositi. E c’è di mezzo ora anche l’intelligenza artificiale. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Massimo Luise, fondatore e CEO di Makros
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Ci
credete ai supereroi? Lo so, è una domanda insolita, però ascoltate la storia
che sto per raccontarvi e – qualora siate degli scettici incalliti – vi
convincerete che i supereroi esistono per davvero e soprattutto che ogni tanto
abitano vicino a noi e che proteggono non solo il nostro futuro, ma anche il
nostro passato. Ma procediamo con ordine. Questa storia inizia con un signore
che all’alba dei suoi 51 anni diventa startupper. Insomma, un bel giorno – ma
dopo averci pensato a lungo e soprattutto dopo aver studiato a lungo – decide
che vale la pena fare un triplo salto carpiato lungo 20 millimetri. Perché
quell’intercapedine cuscinetto per protezione ignifuga che si inventa Massimo
Luise, fondatore e CEO di Makros, è di soli 20 millimetri e dà una protezione
enorme agli archivi di ogni sorta.
Storia
dell’azienda. Così questo perito esperto in sistemi di
archiviazione si scrive da solo il proprio brevetto e lo deposita alla Camera
di commercio di Ferrara. Luise negli anni ha lavorato per diverse aziende che facevano
solo contenitori per l’archiviazione, andando in giro per musei, biblioteche e archivi
per proporre quelle soluzioni. Poi l’intuizione geniale. «Ho visto tantissimi
archivi e ho capito cosa ancora mancava: una protezione reale del patrimonio
culturale», precisa Luise. Ora Makros fa proprio questo: costruisce sistemi di
archiviazione misurabili in centinaia di metri o addirittura chilometri per la
protezione e conservazione da fuoco, acqua e deterioramento dei beni culturali:
così si tutelano pergamene, libri antichi, documenti, opere d’arte e suppellettili
il più delle volte conservati nei depositi. Ecco allora che torna con forza
quel ruolo da supereroe impegnato a proteggere i beni culturali, dal fuoco ma
non solo. L’azienda dispone di sette brevetti a livello mondiale. «Le sfide più
grandi non sono quelle legate al fuoco. Di fatto è un evento raro, ma bisogna
essere pronti a tutto. Un fenomeno importante è l’acqua e noi offriamo un
guscio che protegge e fa da barriera. E poi dobbiamo però considerare come
avviene quotidianamente la conservazione», ricorda Luise. Così Massimo Luise e
la sua squadra – insieme a biologi, matematici, periti esperti in sensoristica –
studiano le condizioni che si replicano negli armadi per prevenire la presenza
di funghi, acari e batteri e hanno depositato un brevetto per prevenire con
algoritmi di intelligenza artificiale quegli elementi degradanti dell’ambiente.
Sensori di ultima generazione dialogano con software creati da zero. Una cosa
straordinaria. Così nasce la protezione dell’Archivio centrale di Stato, ben
tredici chilometri dislocati in zona Eur a Roma. Ma anche la protezione del Centro culturale a Istanbul: addirittura
ventisette chilometri di fortezza a dodici metri di profondità per il polo
bibliotecario di Rami Barrack a Istanbul, che contiene fino a due milioni di
libri. Ma ci sono archivi protetti nelle più grandi università d’Italia come Torino,
Milano, Bologna e Ferrara. O ancora la prima installazione in Città del Vaticano.
Oggi Makros è tra le cento realtà presenti nell’ultimo Rapporto Italian
Cultural Spaces Stories promosso da Symbola e presentato all’Adi Design Museum
di Milano. L’azienda conta un network di un centinaio di professionisti esterni
composto da biologi, matematici, informatici, architetti, designer, legali. E
quanta strada dagli esordi. «Ricordo all’inizio la sensazione di avere avuto un’intuizione
importante, il desiderio di lavorarci giorno e notte, la stanchezza e l’entusiasmo
mentre tutto andava avanti. Ho studiato senza sosta. Il momento più appagante? Quando
tredici anni fa all’Istituto Giordano di Rimini abbiamo sperimentato il
prototipo Blockfire. Dopo un’ora nelle fiamme a mille gradi il contenuto era
intatto. Ho capito di essere passato dalla teoria alla pratica», ricorda Luise.
Identikit dell’azienda. Siamo a Ferrara, tra la facoltà universitaria di ingegneria
e il Tecnopolo. Qui viene fatta progettazione, ideazione, design. La produzione
per ora è in Veneto, ma si conta di arrivare a realizzare le installazioni sul
territorio, creando una filiera dedicata. Nove dipendenti compreso il CEO più
un network di un centinaio di professionisti esterni tra agenti, architetti,
biologi, informatici, legali. I mercati coperti sono quello europeo e asiatico,
ma presto arriverà quello americano. Tra i clienti ci sono istituzioni culturali
pubbliche e private, quindi archivi, musei, università, banche, tribunali, grandi
aziende. «Il nostro DNA è la continua ricerca di sistemi di protezione del
patrimonio culturale. La scienza non mente. Siamo rimasti intatti nel mantenere
un’azienda snella e dinamica, implementata con l’ingresso di nuove figure e con
l’autorevolezza del comitato tecnico scientifico. Oggi siamo una realtà che
oltre alla progettazione fa design», precisa Luise. Si proteggono così opere d’arte,
quadri, sculture, fotografie, suppellettili. Parliamo di protezione e
conservazione intelligente. «I nostri competitor si occupano soprattutto del
contenitore, quindi dell’oggetto esterno, non della protezione del materiale
contenuto. Noi abbiamo sviluppato la protezione, preoccupandoci di garantire la
conservazione, facendo leva sulle nuove e moderne tecnologie e intelligenze. La
protezione avviene ogni tanto, mentre la conservazione deve essere costante,
continuativa, efficace», dice Luise. La tecnologia è applicata all’informatica
avanzata: prima di ogni installazione vengono infatti effettuate indagini
ambientali. Tutto ciò presuppone ricerca continua e trasversale. Così il 70%
dell’utile va in R&D. Il sogno nel cassetto per il futuro? Luise non ha
dubbi: «Portare le nostre installazioni in tutti i siti culturali del mondo.
Dare concretezza a tutti i nostri brevetti. Esportare il Made in Italy ovunque
il patrimonio culturale lo richieda». In fondo i supereroi sono così. Sognatori
con una lucida visione.
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