Da un piccolo laboratorio familiare di scatole da pesca nel modenese ai mercati mondiali. Questa è la storia di Panaro, impegnata a progettare e sviluppare centinaia di soluzioni innovative per il mercato dell'hardware, del packaging, dell'equitazione e della pesca. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Damiano Pasella, Direttore Marketing di Panaro
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
“Se
la gente si concentrasse sulle cose davvero importanti nella vita, ci sarebbe
scarsità di canne da pesca”. È una frase che amava ripetere spesso Doug Larson,
storico giornalista statunitense, sagace firma del secolo scorso. La storia che
stiamo per raccontare parte proprio da una canna da pesca, ma in fondo va molto
oltre. Perché riesce a pescare, restando in metafora, in altre industrie e
colmando nuovi bisogni. Anche qui per farlo la ricetta è sempre la stessa ed è
quella del pescatore virtuoso: tanta ma tanta pazienza, capacità di cogliere i
segnali deboli, azioni repentine e decise, senza indugi. Ma torniamo alla
storia di impresa, che ci riporta con le lancette dell’orologio indietro di un
bel po’ di anni. Tutto parte nel 1962 dall’idea di due amici diventati soci in
affari: Giovanni Pasella e Otello Sirotti. Poca esperienza, tanta ambizione e
idee chiare: creare scatole e contenitori in plastica per la pesca sportiva. In
realtà Giovanni Pasella apre prima un sugherificio per la creazione dei tappi e
per i manici delle canne da pesca. L’utilizzo del sughero lo ha preso dalla
Sardegna, portandolo poi in Emilia e riuscendo a intercettare una rete di
clienti nella pesca. Poi da lì, come diciamo spesso, da cosa nasce cosa.
E così si affaccia nel mondo dei contenitori. Di fatto sfrutta le conoscenze per
approdare nel packaging in plastica e nelle linee di imballaggio, cosa
completamente nuova. Insomma, da una scatola da pesca alle scatole su svariate
linee in quasi tutte le categorie merceologiche. Oggi il packaging è il business
principale, mentre la pesca resta più laterale ma iconica come divisione.
Identikit.
Questa è la storia di Panaro, giunto alla terza generazione dell’impresa di
famiglia con una gestione oggi affidata a tre famiglie: Pasella, Sirotti e
Rizzi. Quanta strada è stata fatta da quel piccolo laboratorio familiare di
scatole da pesca! Così Panaro si è evoluta nel corso degli anni aumentando in
modo esponenziale la propria gamma di prodotti. Oggi l'azienda conta 98
dipendenti per 1500 clienti attivi nel mondo e un fatturato di oltre 25 milioni
di euro. Il mercato guarda oltre i confini nazionali per il 60% del totale. Pensare
e fare: l’azienda ha due stabilimenti ed è impegnata a progettare e
sviluppare centinaia di soluzioni innovative per organizzare e proteggere
qualsiasi tipo d’attrezzatura. Scatole e valigie tecniche di diverse
dimensioni, linee e caratteristiche; da quelle industriali più standard ed
economiche, passando per la rivoluzionaria linea EKO in polipropilene 100%
riciclato fino a quelle a marchio MAX ermetiche, ultra resistenti e con certificazioni
militari, vero fiore all’occhiello dell’azienda per qualità tecniche,
importanza economica e notorietà del marchio a livello globale. “Da oltre 60
anni sviluppiamo soluzioni in plastica per le attrezzature dei nostri clienti”,
si legge sul sito. Siamo nello stabilimento produttivo a Marano sul Panaro,
mentre logistica e uffici sono a Vignola, venticinquemila anime nel modenese. «Forniamo prodotti sempre più
innovativi e con un prezzo competitivo, senza mai rinunciare alla qualità dei
processi produttivi e nel pieno rispetto dei più importanti protocolli e
certificazioni industriali. I nostri elementi distintivi sono sempre stati la
progettazione e la produzione made in Italy, l’elevata flessibilità produttiva
e produzione ventiquattr’ore su ventiquattro, l’ampia possibilità di
personalizzazione dei prodotti per i nostri clienti», racconta Damiano Pasella, Direttore
Marketing e nipote del fondatore.
Le sfide green. Dal fare impresa a
farla in modo sostenibile, o come si dice oggi eco-friendly. «Siamo da sempre attenti
alla sostenibilità e abbiamo investito costantemente in iniziative e
processi per minimizzare il nostro impatto ambientale», dice Pasella. Il
legame col territorio è sempre stato forte. «Da anni dialoghiamo con
le amministrazioni comunali dell’Unione Terre dei Castelli per partecipare alle
iniziative che coinvolgono le nostre città; siamo in contatto con scuole
superiori e agenzie del lavoro per sostenere la formazione e l’inserimento
lavorativo dei neo-diplomati e laureati, considerando una priorità trovare
candidati residenti nel nostro territorio». Ad oggi l’80% dei
dipendenti risiede nel raggio di dieci chilometri dall’azienda. Il futuro? Nel
segno della consapevolezza. La plastica evolve e non è il male assoluto, ma ciò
che conta è come viene prodotta, gestita, veicolata. «Ci siamo impegnati per
una produzione a zero emissione, elettrica o ibrida ed ogni scarto di
produzione viene riutilizzato. Soprattutto per chi fa componentistica e oggetti
in plastica lo scarto è la norma, ma per noi c’è modo di evitarlo internamente e
con la nostra rete di fornitori», conclude Pasella. Continuare a pescare, con il
cuore e con la testa. Insomma, con passione e consapevolezza. Ecco l’equilibrio
corretto per le organizzazioni di successo.
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