A Bologna nel 1929 nasce un’azienda che nel tempo dimostrerà estrema resilienza e si collocherà come eccellenza nelle lavorazioni meccaniche complesse con utensili dedicati per ogni materiale o lavorazione. Oggi Brunetti utensileria conta 11 collaboratori per quasi 800 clienti e un fatturato di 2,5 milioni di euro. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Enrico Brunetti, a capo di Brunetti Utensileria
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Ma
chi deciderebbe mai di aprire un’azienda nel pieno di una profonda crisi
economica? Ecco, in uno degli anni più nefasti della storia del nostro
Novecento c’è chi decide di fare impresa. Apre bottega, insomma. E quella
bottega negli anni diventerà una realtà strutturata, superando tempeste
impensabili e riuscendo a navigare sempre anche controvento nei mari del mondo.
Questa è la storia di Brunetti Utensileria che nasce proprio in quel 1929 che
segnerà la crisi globale, partita dall’America e approdata presto anche in
terra italica.
Identikit
dell’azienda. Un folle, un visionario o semplicemente
un imprenditore resiliente. Questo e molto altro è Enrico Brunetti, classe
1903, quando a ventisei anni apre un piccolo negozio nel centro storico di
Bologna. Nel dopoguerra si trasferisce in Via Goito, sempre nel centro di
Bologna: qui l’azienda cresce e inizia a servire le migliori realtà
metalmeccaniche dell’Emilia-Romagna, della Toscana, delle Marche e dell’Umbria.
Pensate che all’epoca lo spazio in azienda è ancora così limitato che le morse vengono
immagazzinate sotto il letto di Enrico. Poi negli anni ‘70 il figlio Cesare
trasferisce l’azienda in zona Fiera e poi negli anni ‘80 ci si sposta al
Centergross. Oggi Brunetti Utensileria conta 11 collaboratori per quasi 800
clienti e un fatturato di 2,5 milioni di euro. Resilienza, dicevamo prima. Una
prova? «Nel secondo Dopoguerra, intorno agli
anni 1946-1947, il nonno aveva perso quasi tutto, ma non si dà per vinto e, con
i pochi mezzi rimasti, acquista merce in saldo lasciata dagli americani dopo la
fine della guerra. Il nonno così riparte vendendo questo materiale alle aziende
di Bologna», afferma Enrico
Brunetti, a capo di Brunetti Utensileria, terza generazione dell’impresa di
famiglia, entrato nel 1997 dopo aver conseguito una laurea in economia e commercio.
E che fatica imparare sul campo le nozioni di meccanica. «I primi tre-quattro anni è stata
dura, sono entrato senza sapere cosa fosse un tornio, ma un grande consiglio
che mi diede mio padre è stato quello di “sgrugnarsi” con i problemi e provarci
da solo affrontando le difficoltà. Questo mi ha permesso di apprendere più
velocemente grazie anche alle lezioni di tornitori, rettificatori e fresatori
che alla sera mi insegnavano la meccanica applicata», ricorda Enrico. Resilienza,
dicevamo prima. «Il
nostro DNA è fondato proprio sulla parola resilienza. Sia mio nonno che mio babbo
che io siamo resilienti. Abbiamo un’importante cultura sportiva e facciamo
atletica da tanto tempo. L’atletica ci ha insegnato questo valore che anche nel
lavoro cerchiamo tutti i giorni di trasferire. Per noi è rimasto immutato il
mettere la persona al centro di tutto. Ancora oggi cerchiamo sempre di avere con
tutti i nostri collaboratori, fornitori e clienti rapporti umani duraturi e
fondati sempre sulla trasparenza e la sincerità».
Tradizione e innovazione, l’una strettamente legata all’altra. Oggi l’azienda
si è rinnovata nella tipologia di prodotti tecnologici che richiedono
preparazione e dedizione per il collocamento sul mercato.
Il cliente al centro. Le proposte sono
legate alla soluzione delle problematiche relative alle lavorazioni meccaniche
complesse con utensili dedicati per ogni materiale o lavorazione. «Siamo diventati sarti della meccanica e perciò vestiamo la lavorazione
meccanica del nostro cliente con un abito su misura mettendoci sempre la nostra
esperienza e le nostre capacità di problem solving per la soddisfazione del
cliente», precisa Enrico
Brunetti. Il momento più difficile? Quel 2009 nel quale le aziende meccaniche
erano praticamente spente, ma la risposta è sempre quella. La resilienza. Ossia
quella costanza applicata al fattore tempo. E poi la consapevolezza di essere
in una Emilia Valley che ragiona plurale. Ne è convinto Enrico Brunetti. «L’identità territoriale c’è
sempre e le reti di impresa ci sono eccome. Credo che anche per il futuro lo
scambio di informazioni e di dialogo rappresenti un momento di alto valore di
mercato». Fare insieme. Ecco la
migliore risposta alle difficoltà di mercato e alle sfide del nostro tempo.
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