Storia di un gruppo oggi presente
in 29 Paesi del mondo con soluzioni
per il settore residenziale e industriale. Tutto nasce nel bolognese per
questa azienda che oggi conta 54
società e 15 brand commerciali. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista
Andrea Moschetti, Presidente e AD di FAAC
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
Un leone a difesa di un cancello in un deserto assolato.
Un’automobile sportiva color rosso fiammante ripresa dall’alto che corre veloce,
alzando sabbia e aspettative. E poi il cancello che si apre al tocco di un
telecomando. Assolutamente
tecnologico, assolutamente esclusivo, assolutamente sicuro. Eccolo il testo indimenticabile che
racconta l’automatismo per cancelli e
garage FAAC, accompagnato da quello slogan che ha segnato un’epoca: lasciapassare. Così nel 1987 in televisione approda
una campagna pubblicitaria che di fatto passerà alla storia. Quel leone accucciato davanti al cancello installato nel
mezzo di un deserto
racconta di quel gioiello hi-tech emiliano, ossia della multinazionale italiana specializzata in automazioni
per cancelli e barriere, ingressi e porte automatiche, parcheggi e controllo
accessi. Un binomio cancello e leone legato alla sicurezza che accompagna tutta la storia di FAAC,
diventando persino parte del logo dell’azienda. Oggi FAAC è a capo delle migliori soluzioni di accesso per il settore residenziale e
industriale, per la gestione dei flussi pedonali e veicolari, con le più avanzate tecnologie e reti digitali sulla smart mobility.
Storia di un mito. Ma facciamo un passo indietro. Tutto nasce nel lontano
1965 a Zola Predosa, meno di ventimila anime nell’area
metropolitana bolognese. E tutto parte da
una piccola bottega di paese. Ma l’ambizione non manca. Come anche il coraggio. E pensare che quella
azienda nata con una sigla – FAAC sta per Fabbrica Automatismi Apertura Cancelli – sarebbe diventata conosciuta
in tutto il mondo. A metterla in piedi ci pensa Giuseppe Manini, piccolo imprenditore edile che ha un’intuizione geniale facendo il suo lavoro.
Manini nota come i cancelli dei parcheggi
condominiali restino sempre aperti perché
nessuno scende dall’auto per chiuderli. Così realizza in modo artigianale il primo sistema di
movimentazione automatica per i cancelli, il 750 interrato, ricorrendo alla
tecnologia oleodinamica e alla catena di distribuzione tipica nei distretti
industriali, fornita dal territorio bolognese nel settore idraulico. «All’inizio
si tratta di un congegno rudimentale con
la pompa dell’acqua e con un sistema idraulico. In fondo una modalità tipica
del territorio, con la tecnologia
idraulica a fare la
differenza rispetto ai competitor, che hanno da sempre usato quella elettromeccanica. Ma se la tenuta idraulica è buona, non c’è usura e i complessi durano pressoché in eterno. E poi è molto più rumorosa la
soluzione elettromeccanica», afferma Andrea Moschetti,
Presidente e AD di FAAC. Però, si sa, l’appetito vien mangiando. Così si arriva
al 400, il primo modello a battente
esterno. In seguito, con lo sviluppo dell’elettronica, nascono le schede
elettroniche a microprocessore che permettono di creare impianti che vanno oltre la sola apertura e chiusura. E ben presto dall’Italia si approda
all’estero: con la fine degli anni Settanta – precisamente nel 1979 – si apre la prima filiale in Svizzera. Due anni più tardi in Francia, ancora tre anni e si arriva in Germania e poi un anno dopo
nel Regno Unito. Con la scomparsa del
fondatore la guida passa in mano al suo unico figlio, Michelangelo Manini. E lo sviluppo continua costante: nel 1988 si approda in America, nel 1990 in Spagna, nel
2002 in Polonia e Cina, nel 2005 in India. E ancora nel 2007 in Austria e
Australia. Ma la crescita avviene anche con
acquisizioni di aziende specializzate.
Locali e globali. Ma questa in fondo è anche una storia di
coraggio. «Abbiamo rappresentato il primo spot su reti nazionali per un prodotto non consumer e quindi non rivolto all’utilizzatore finale. Perché nel nostro business chi decide non è il consumatore
finale, bensì è l’installatore. Quello spot
ha fatto la storia», precisa Moschetti. Oggi l’headquarter è sempre
in Emilia e la testa del leone è tutta a Bologna perché è proprio sotto le Due
Torri che trovano casa la ricerca e lo sviluppo di questa azienda così
innovativa, così iconica. Ma da Bologna si va ben oltre nel mondo grazie a 17 stabilimenti produttivi distribuiti ovunque. «Oggi come ieri continuiamo a investire tanto in R&D. Per
essere azienda meccanica investiamo tanto, fino al 5% del nostro fatturato. Abbiamo
54 società in 29 diversi Paesi, coprendo i cinque continenti. Ma la verità è che vogliamo far percorrere meno strada possibile ai nostri prodotti con soluzioni “local for local”
e quindi con una catena
di fornitura locale, anche se il DNA resta
emiliano», conclude Moschetti. Guardare avanti e lasciar entrare
il futuro, quando bussa alla porta. Proprio come ha fatto quel leone in mezzo
al deserto.
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