Sulle colline di Castel San Pietro Terme nasce nel 1964 un’azienda vinicola che oggi è espressione dell’eccellenza della regione. Oggi la Umberto Cesari esporta vini venduti in 60 mercati del mondo di cui oltre la metà in Nord-America. Ma in questa storia c’è di mezzo anche un caveau di una banca, utilizzato per fare altro. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Gianmaria Cesari, Amministratore Delegato di Umberto Cesari.
di Giampaolo Colletti
@gpcolletti
Photocredit: Giacomo Maestri e Francesca Aufiero
“Quando sei felice bevi per
festeggiare, quando sei triste
bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o per essere felice bevi per fare accadere
qualcosa”. Lo scriveva Charles
Bukowski poco più di cinquant’anni fa, più o meno quando prendeva forma quell’intuizione
imprenditoriale di Umberto Cesari. Per raccontare la storia di una grande
impresa vinicola nata nel Secondo Dopoguerra si deve partire da quelle sinuose colline di Castel San Pietro Terme, ventimila
abitanti in quell’area metropolitana di Bologna che dall’Emilia si dirada verso
la Romagna. Perché la sana
ossessione di Umberto
Cesari è stata da sempre
quella di coltivare Sangiovese
di qualità. E questa missione l’ha intrapresa prima di altri. Una visione che lo ha
portato tra i primi a
credere nel potenziale qualitativo dei vini dell’Emilia-Romagna. Così Umberto Cesari sin dai primi anni ’60 ha
deciso di fondare l’
azienda che tuttora porta il suo nome e di dedicare tutti i suoi sforzi alla valorizzazione delle uve del territorio. Di fatto è stato il primo produttore privato
della regione ed è riuscito a coniugare l’alta qualità dei propri prodotti con
una distribuzione internazionale. Ancora oggi l’azienda è situata su quelle prime colline, dislocata tra la sede principale e quella produttiva appena ristrutturata. Ma quanta strada
è stata fatta: oggi Umberto Cesari conta una cinquantina di dipendenti e distribuisce i
prodotti in 60 mercati, per il 60% nel Nord-America e a seguire in Europa. «Il fattore principale che
contraddistingue tutte le persone dell’azienda sono la dedizione e il senso di appartenenza, unitamente al
rispetto reciproco e a quello delle regole. Oltre
a tutti gli sforzi che facciamo e faremo per rispettare i valori di
sostenibilità e innovazione in ogni fase del nostro lavoro, abbiamo deciso di
sottoscrivere un codice etico interno. Un documento per noi essenziale rispetto a etica, organizzazione e scelte
gestionali», afferma Gianmaria Cesari, Amministratore Delegato di Umberto Cesari, terza
generazione alla guida dell’azienda di famiglia.
Storia di una
visione. Ma per capire il Dna di questa realtà dobbiamo fare un passo indietro. Anzi,
più d’uno. «Mio nonno Ilario Cesari, lavoratore da sempre istrionico, nell’Italia dell’immediato
Dopoguerra si occupava di rivendere vino sfuso ed era conosciuto come quello
che andava a prendere i vini in banca. Vi spiego perché. All’epoca nella nostra
zona, un territorio che faticosamente provava a rialzarsi dalla guerra, non si voleva
rinunciare ad un elemento centrale nella cultura come il vino. L’intuizione geniale
fu un misto di coincidenze che si allinearono. Perché nonno Ilario decise di
conservare il vino, che poi veniva rivenduto sfuso, in ambienti con umidità e
temperatura ideali. E nella zona di fianco a dove lui teneva la contabilità c’era
una banca bombardata nella parte esterna, ma con il caveau intatto. Così decise
di posizionare le damigiane in quell’area che permetteva una conservazione
ideale», ricorda Gianmaria Cesari. Per
raccontare questa storia di eccellenza dalle colline dobbiamo spostarci anche
al centro di Bologna, quasi sotto le Due Torri. Perché in quella via d’Azeglio
che porta ancora oggi verso l’area collinare, precisamente in via Carbonesi, Ilario
Cesari inaugurò una delle prime osterie, all’epoca posti frequentatissimi:
ecco, l’unione del buon vino e del buon cibo trasformò quel punto di ritrovo in
un’area molto apprezzata. «Mio padre Umberto cresce con l’odore del
vino, si appassiona alla materia prima e per un periodo aiuta mio nonno. Poi decide
di far evolvere la rivendita di vino sfuso e acquista il primo vigneto; da lì
parte la storia della Umberto Cesari.
Sia nonno Ilario che papà Umberto erano dei visionari, in un paese che lentamente
provava a lasciarsi alle spalle il crollo economico. Ancora oggi la nostra è
una realtà che nasce come tante altre aziende del nostro settore dalla passione,
l’elemento più importante del nostro lavoro», precisa Gianmaria Cesari.
La chiave vincente della
ricerca. Da sempre l’attenzione
è andata sulle uve del territorio,
affiancandole nel tempo a varietà internazionali. Per Umberto Cesari le tecnologie innovative sono fondamentali e le competenze professionali vanno di pari passo. «La ricerca della piena espressività
del territorio per noi passa dall’esperienza, temperata da una costante
applicazione delle più moderne tecnologie, solo dove e quando serve. Una tecnologia sempre solo a servizio della qualità», dice Cesari. Il laboratorio di ultima generazione permette di essere
autonomi in ogni fase del processo produttivo:
dall’analisi delle uve al prodotto finito, permettendo risparmio di tempo e costi. «Qui vengono svolte quotidianamente tutte le analisi e tutti i
controlli che consentono di garantire la perfetta qualità dei nostri vini. Le
parole chiave sono rispetto e qualità. Il rispetto dell’ambiente e delle persone per la
valorizzazione del territorio
e di chi ci lavora. L’innovazione è sempre
al servizio della qualità del prodotto e dei lavoratori e lo sguardo è
rivolto al futuro, ma nel rispetto della tradizione e della nostra
identità. Oggi il 30% dei nostri vigneti è biologico», precisa Cesari. Negli anni l’azienda ha
continuato a investire il 10% del fatturato per migliorare e aggiornare tutti
gli strumenti che permettono di avere una puntualità sul vigneto e in cantina. Oggi
per esempio ci sono sonde di rilevazione per monitorare la siccità. Ma per
Gianmaria Cesari l’elemento più importante dei prossimi dieci anni è legato al
marketing territoriale. «Continuiamo a far conoscere
i vini ricordando che l’Emilia-Romagna è il segreto meglio custodito in Italia.
A differenza di altre regioni, la nostra regione ha vignaioli di grande
capacità, terreni straordinari e un microclima ideale; bisogna solo far
conoscere questo territorio».
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