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FARE INSIEME - Ep. 270 - Junker, la rivoluzione gentile nata in Emilia e che parte dal cestino e dal suo corretto utilizzo

«La nostra missione: mettere il digitale al servizio della persona»

27/11/2025

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A Bologna dieci anni fa nasce un’idea che riesce a scalare interesse dei cittadini e attenzione dei comuni e delle aziende. Il risultato è un patrimonio condiviso che oggi conta oltre 2 milioni di packaging censiti, di cui più di 500mila caricati grazie alle segnalazioni spontanee dei cittadini. Per FARE INSIEME Giampaolo Colletti intervista Noemi De Santis, socia fondatrice e responsabile della comunicazione di Giunko

di Giampaolo Colletti

@gpcolletti

Dimenticatevi i garage, luoghi iconici dove nascono le startup di mezzo mondo. In questa storia tutto parte da una cucina di una casa universitaria. Siamo a Bologna, ed ecco l’intuizione di Giacomo Farneti, uno dei soci fondatori di  Giunko: creare un’applicazione per la raccolta differenziata utile, completa, gratuita. Di necessità virtù, potremmo dire. Perché Giacomo, viaggiando spesso per lavoro, aveva toccato con mano la difficoltà di conciliare l’impegno per una differenziata corretta con la grande eterogeneità di regole in vigore nei comuni italiani. Frazioni di raccolta diverse, bidoni di colori ambigui: con tutta la buona volontà, il rischio di sbagliare era sempre dietro l’angolo! Da qui l’idea, semplice e rivoluzionaria, di collegare le informazioni di conferimento geolocalizzate sulle regole locali e i materiali dei packaging con un elemento che permettesse di identificare in modo univoco i prodotti. E grazie a cosa i prodotti sono unici? Beh, il merito è del codice a barre stampato sulle confezioni. In questo modo, scansionando con la fotocamera il codice a barre, chiunque avrebbe sempre saputo come differenziare correttamente l’imballaggio che aveva tra le mani, in base alle regole del comune in cui si trovava. In seguito l’app ha aggiunto anche la ricerca tramite riconoscimento immagine, allargando a dismisura la gamma dei rifiuti riconoscibili con un clic. Detto, fatto. Il primo test in notturna in un supermercato bolognese subito fuori le mura. Funziona. Si parte.

Identikit dell’idea.
Ecco, tutto comincia da un gesto semplice, quasi banale, persino sottovalutato. Una mano che tiene una confezione qualunque e una domanda che unisce milioni – di più – miliardi di individui nel mondo: ma dove si butta? È in quella incertezza quotidiana che più di dieci anni fa nasce un’impresa che ha un valore di cittadinanza attiva. Perché smuove le coscienze impigrite, sveglia l’attivismo dei piccoli gesti quotidiani, accresce quel legame tra imprenditorialità e comunità. Dieci anni fa prende vita Junker, l’app che ha cambiato per sempre il rapporto fra cittadini e rifiuti. Oggi questa realtà è molto più di una bussola per la raccolta differenziata: è una piattaforma che serve 30 milioni di cittadini in oltre 3.500 comuni, diventata parte integrante dell’infrastruttura ambientale del Paese. «La nostra missione è stata chiara fin dall’inizio: mettere il digitale al servizio della persona. La sostenibilità deve essere semplice, comoda, a portata di mano. Solo così diventa davvero quotidiana», racconta Noemi De Santis, socia fondatrice e responsabile della comunicazione di Giunko. E allora l’intuizione geniale: la scansione del codice a barre rivela in pochi secondi il bidone giusto in base al comune di appartenenza. Ecco il riconoscimento fotografico degli oggetti, la mappa dei punti di conferimento speciali, dall’olio esausto ai Raee, quando ciò che stringiamo non entra nei bidoni di casa.

Identikit dell’azienda.
Negli anni gli italiani hanno imparato a usare Junker come un vero tutor personale. Ma la crescita dell’app non è stata solo tecnologica. È stata sociale. Comunitaria. Perché gli utenti non si limitano a cercare informazioni: le generano. Se un prodotto non è ancora presente nel sistema, basta una foto per segnalarlo. Il resto lo fa il team di classificazione interno. Il risultato è un patrimonio condiviso che oggi conta oltre 2 milioni di packaging censiti, di cui più di 500mila caricati grazie alle segnalazioni spontanee dei cittadini. «È il nostro vero tesoro di conoscenza e a volte arrivano immagini bellissime e divertenti: c’è chi mette un fiore accanto alla confezione, chi ci manda persino un gattino in posa», dice De Santis. Curiosamente le segnalazioni stanno diminuendo: circa 18mila l’anno. Una soglia di maturità, non un segnale di disaffezione. «Significa che il database è ormai quasi esaustivo. Manca pochissimo: solo prodotti molto locali o di nicchia. Ma la partecipazione dei cittadini resta altissima».

Le sfide di oggi e di domani.
Anche perché Junker è diventata una porta d’ingresso ai servizi del territorio: ritiro ingombranti, prenotazioni, comunicazioni dirette con gli uffici, perfino gestione dell’idrico. «I cittadini sono pronti, chiedono un unico punto di accesso affidabile. Il digitale semplifica e unisce: non obbliga a cercare numeri o moduli sparsi sul web», dice De Santis. Una comunità ampia anche linguisticamente: Junker è tradotta in 13 lingue, unica nel suo genere. «La sostenibilità non può escludere nessuno. Nonni, stranieri, turisti: la differenziata deve essere possibile per tutti, sempre». Da qui l’impegno sull’accessibilità, dalle interfacce ottimizzate alle best practice internazionali. E poi c’è il domani che guarda all’Europa. Perché il modello di Junker, radicato nei territori ma costruito su una tecnologia modulare, è pronto a varcare i confini nazionali: norme UE, Green Deal, nuovi standard per i packaging e digitalizzazione delle informazioni ambientali. «Junker è un ponte culturale tra tecnologia e coscienza ecologica. L’Europa sta cercando questo linguaggio. Noi ci siamo già arrivati con anni di anticipo», ricorda De Santis. Forse il futuro della sostenibilità non passerà da grandi rivoluzioni urlate, ma da una notifica sul nostro smartphone perennemente connesso, da un gesto di pochi secondi, da una comunità silenziosa ma determinata a cambiare il mondo a partire da un cestino.

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