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Bankitalia: in Emilia-Romagna la crescita c’è ma è rallentata

14/06/2024

Nel 2023 l’economia dell’Emilia-Romagna è cresciuta dell’1,1 per cento, un incremento più contenuto rispetto all’anno precedente. Sul rallentamento hanno inciso l’esaurirsi del recupero post-pandemico, l'indebolimento dei consumi e quello della domanda estera. Gli investimenti hanno decelerato, quelli in costruzioni sono stati spinti da un significativo sostegno pubblico. 

La presentazione del rapporto è avvenuta giovedì 13 giugno all'auditorium Johns Hopkins University Sais Europe di Bologna. Sono intervenuti Renaud Dehousse, rettore della Johns Hopkins University Sais Europe, Pietro Raffa, direttore della sede di Bologna di Banca d'Italia, Litterio Mirenda, economista divisione Analisi e ricerca economica territoriale della sede di Bologna di Banca d'Italia, Elena Gentili, economista divisione Analisi e ricerca economica territoriale della sede di Bologna di Banca d'Italia, Alberto Vacchi, presidente di Ima Spa, Tito Cordella, professore della Johns Hopkins University e Chiara Scotti, vicedirettrice generale di Banca d'Italia.

L’espansione è stata trainata da servizi e costruzioni, mentre l’attività nell’industria si è ridotta.
Nel settore agricolo il valore aggiunto è diminuito del 4,4% rispetto al 2022, a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli che hanno interessato tutta la regione e dell’alluvione che ha colpito la Romagna a maggio 2023. Nell’industria si è ridotto dell'1%, con un calo dell’attività particolarmente accentuato nella produzione di piastrelle e una crescita nell’alimentare e nella meccanica e mezzi di trasporto. L’attività dell’industria ha risentito dell’andamento sfavorevole dell’export, che in termini reali è diminuito del 2,4%. Il valore aggiunto nelle costruzioni è aumentato del 5,2%. La crescita ha continuato a essere sostenuta dagli incentivi fiscali, la cui rimodulazione, entrata in vigore nel 2024, ha determinato un’accelerazione dei lavori nell’ultima parte dello scorso anno. L’attività del comparto ha beneficiato anche degli investimenti pubblici, in parte riferibili alla realizzazione di opere previste dal Pnrr. La crescita nei servizi è stata del 2,2%, un dato più contenuto rispetto all’anno precedente che riflette il rallentamento dei consumi. I comparti del settore hanno mostrato andamenti differenziati: le presenze turistiche sono aumentate del 2,4%; il commercio al dettaglio tradizionale ha continuato a mostrare segnali di debolezza; i carichi di merce movimentati nel porto di Ravenna sono invece diminuiti, risentendo del calo dei traffici generati dalla manifattura. Sullo scalo romagnolo sono in corso importanti investimenti di rafforzamento infrastrutturale.

La presenza di multinazionali caratterizza il tessuto produttivo regionale.
Le multinazionali rappresentano una componente molto rilevante dell’economia dell’Emilia-Romagna, contribuendo al 40% del valore aggiunto regionale e generando oltre il 60% dell'export e dei brevetti, valori superiori a quelli medi italiani. Queste imprese possono fare da traino alla crescita regionale, in quanto presentano dimensione, livelli di produttività e qualità della forza lavoro impiegata superiori rispetto alle altre.

La situazione economica e finanziaria delle imprese è rimasta buona. Il 91% delle imprese dell'industria e dei servizi ha chiuso il bilancio almeno in pareggio, nonostante l'aumento degli oneri finanziari; questa quota sale al 95% nel settore delle costruzioni. I profitti sono stati favoriti da un quadro economico moderatamente positivo, seppur in rallentamento, e dal modesto incremento dei salari. Il rafforzamento dell'autofinanziamento che ne è conseguito ha permesso alle imprese di ridurre l'indebitamento bancario senza intaccare le riserve di liquidità accumulate in precedenza. I prestiti bancari alle imprese sono scesi del 4,7% a dicembre. Questa contrazione riflette il calo della domanda di credito (connessa con l’aumento dei tassi e il rallentamento congiunturale) e condizioni di offerta praticate dalle banche improntate a una maggiore cautela.

L’occupazione è aumentata, la disoccupazione è contenuta. Nel 2023 il numero di occupati è cresciuto dell’1,1% ed è tornato sui livelli del 2019 (oltre 2 milioni di occupati). Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile su valori storicamente bassi (5%). Considerando il lavoro dipendente, il saldo tra assunzioni e cessazioni è stato positivo e superiore a quello del 2022; la creazione di posizioni lavorative ha riguardato soprattutto contratti a tempo indeterminato. Nel 2023, in Italia, i salari stabiliti dai contratti collettivi nazionali sono aumentati del 2,2%; la crescita in Emilia-Romagna è stata simile e comunque inferiore al tasso di inflazione (5,2% in regione e 5,7% a livello nazionale). Le proiezioni dell’Istat al 2042 mostrano una sostanziale tenuta della popolazione e un suo deciso invecchiamento. Questo fattore potrebbe incidere in misura rilevante sulle dinamiche occupazionali nei prossimi anni. Ai tassi di partecipazione correnti, le forze di lavoro diminuirebbero di 130.000 unità.

L’indebitamento è rimasto stabile. Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie a prezzi costanti si è ridotto dello 0,7%; i consumi sono aumentati invece dell'1,4 ma hanno rallentato rispetto al 2022. I livelli attuali di questi ultimi sono superiori ai valori pre-pandemici; di contro, quelli dei redditi sono ancora inferiori del 2,5%. Nel complesso l’indebitamento delle famiglie è rimasto invariato rispetto all’anno precedente. Da un lato il credito al consumo è aumentato, sostenendo la spesa delle famiglie, in particolare quella in beni durevoli. Dall’altro lato le erogazioni di nuovi mutui, in seguito all’aumento dei tassi di interesse, sono calate di circa un quarto rispetto al 2022, attestandosi a 4 miliardi di euro. Ne è conseguita una riduzione delle compravendite di abitazioni del 12%. Alla fine del 2023, il Taeg medio sui nuovi prestiti ipotecari era pari al 4,5%, contro il 3,4 di un anno prima.

I depositi bancari delle famiglie sono diminuiti, i titoli a custodia sono aumentati. I depositi delle famiglie residenti in regione sono diminuiti del 5,6%. Si è avuta una ricomposizione dai conti correnti a favore dei depositi a risparmio. La riallocazione del risparmio a favore di strumenti finanziari meno liquidi ma più remunerativi ha determinato anche un trasferimento di risorse dai depositi verso i titoli a custodia presso le banche, aumentati del 23,7%.

La rischiosità del credito bancario è aumentata. A dicembre 2023 i prestiti bancari al settore privato non finanziario si sono ridotti del 3,1% su base annua. La rischiosità del credito bancario ha mostrato un lieve peggioramento, pur rimanendo su livelli contenuti nel confronto storico. Sono emersi alcuni segnali di tensione nella capacità di rimborso, soprattutto per le aziende di dimensione minore e per quelle dell’edilizia. Anche per le famiglie è cresciuta l’incidenza di ritardi nel pagamento delle rate dei mutui.

Gli investimenti pubblici sono cresciuti, spinti dal Pnrr. La spesa degli enti territoriali dell’Emilia-Romagna è cresciuta, soprattutto quella per investimenti in opere pubbliche, che è aumentata del 50,7%. L’incremento è da ricollegare anche all’attuazione del Pnrr: a dicembre scorso, i fondi assegnati dal Piano a interventi in Emilia-Romagna ammontavano a 6,4 miliardi di euro. Una quota rilevante di spesa va alle opere pubbliche: i cantieri già avviati in regione superano il miliardo di euro. Gli enti regionali si avvalgono di personale con un livello di istruzione più elevato rispetto alla media italiana; la quota di laureati è pari al 43,9 contro il 35,3 nella media del Paese. Inoltre, mostrano una maggiore propensione alla digitalizzazione, una più rapida gestione delle riscossioni e condizioni di bilancio più solide.

Le aspettative per i prossimi mesi sono moderatamente positive. Nel primo trimestre dell’anno in corso la crescita del Nord Est sarebbe proseguita a un tasso moderato e in linea con la dinamica nazionale. Le aspettative degli operatori per il 2024 rimangono improntate alla cautela. Da una parte l’attività economica potrebbe trarre beneficio dal rafforzamento del commercio mondiale e dalla crescita della spesa pubblica per l’attuazione del Pnrr; dall’altra rimangono rischi al ribasso legati a un eventuale acuirsi delle tensioni geopolitiche, che potrebbero incidere sia sul processo di disinflazione sia sui volumi degli scambi commerciali internazionali.

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