A
che punto siamo del processo di
digitalizzazione? E come si stanno muovendo le imprese italiane?
Mettendo
a confronto i dati del DESI (2022),
che indica il livello di
digitalizzazione dell'economia e della società, e quelli dell'Istat (2021), emerge un quadro
frastagliato: se è vero che il 78% delle aziende in Italia si connette a
Internet in banda larga, solo il 6% adotta una tecnologia di Intelligenza Artificiale (IA).
In
base al report DESI 2022 della
Commissione Europea, che monitora i progressi in ambito digitale compiuti dagli
Stati dell’Unione Europea, l’Italia
si colloca al 18° posto tra i 27 paesi, con un punteggio di 49,3 rispetto alla
media di 52,3.
Considerando
gli ultimi 5 anni – quindi malgrado i risultati – è però evidente che il nostro
paese stia guadagnando terreno, a ritmi anche sostenuti; ma per raggiungere
stati come la Finlandia, la Danimarca o la Svezia (che occupano le prime
posizioni) e conseguire gli obiettivi
del decennio digitale per il 2030 sarà necessario fare uno sforzo in più.
Vediamo insieme quali
sono nel dettaglio.
Oltre
la metà dei cittadini italiani non
ha competenze digitali di base:
questo significa che più della metà della popolazione non è in grado di utilizzare con dimestichezza e spirito critico gli
strumenti tecnologici, come computer, touchpad, smartphone, social network,
biglietteria automatizzata ecc.
Un dato preoccupante che ci
colloca in fondo alla classifica, dove la media europea si attesta al 54%.
L’obiettivo per tutti i paesi dell’UE è di raggiungere l’80% della popolazione
entro il 2030.
Per quanto riguarda le PMI, in base al rapporto Istat del 2021, il 60,3% delle piccole e medie imprese
italiane ha raggiunto almeno un livello
base di intensità digitale – metrica strutturata sul Digital Intensity
Index (DII) – superando di fatto la media europea ferma al 56%.
Il livello base prevede
l'uso di almeno quattro delle dodici tecnologie digitali, come l'utilizzo di qualsiasi tecnologia
IA; e-commerce, IoT, social media, CRM.
L’obiettivo, anche in
questo caso, è arrivare al 90% per il 2030, migliorando i servizi e i prodotti
per aumentare, di conseguenza, la competitività e la resilienza economica delle imprese.
Qui i numeri sono ancora
bassi. La percentuale dei lavoratori
italiani, specialisti nel campo del digitale, è inferiore rispetto alla
media dell'UE; così come i tassi di iscrizione alle lauree ICT (leggi come approfondimento Imprese femminili e valorizzazione delle competenze Stem).
Secondo l’Osservatorio
Competenze Digitali, malgrado
l’emergenza Covid-19, nel primo semestre del 2021 sono stati pubblicati oltre
51 mila annunci dedicati alle figure tecniche in tali ambiti.
La previsione, espressa da Gartner, è che entro il 2025 “le organizzazioni aumenteranno la loro dipendenza
da consulenti esterni, poiché la maggiore urgenza e il ritmo accelerato del
cambiamento amplieranno il divario tra le ambizioni di business digitale e le
loro risorse e capacità interne”.
La spesa mondiale per l’Information technology, sempre secondo gli
analisti di Gartner, varrà quindi 4,5 trilioni di dollari nel 2022: 5,1% in più
rispetto al 2021.
In Italia si sono fatti
molti passi in avanti per quanto riguarda la diffusione dei servizi a banda
larga e di realizzazione della rete.
Eppure – e questo ci
posiziona molto indietro rispetto alla media europea – ci sono ancora delle
carenze sulla copertura delle reti
ad altissima capacità, compresa la fibra fino a casa.
Secondo
il rapporto Istat, il 78% delle imprese
italiane con almeno dieci addetti si connette a Internet in banda larga a
una velocità di download maggiore o uguale a 30 Mbit/s.
L’obiettivo è raggiungere
una copertura universale entro il 2030.
Questi e i prossimi saranno
anni fondamentali per la transizione
digitale. In particolare il cloud
diventerà un elemento chiave sia per raggiungere un più alto livello di
digitalizzazione sia per supportare il lavoro
ibrido.
Per adesso, come abbiamo
visto precedentemente, le piccole e
medie imprese italiane hanno raggiunto un livello base di intensità
digitale con un utilizzo del cloud in crescita.
Purtroppo, però, la
diffusione di tecnologie come i Big Data
e l’Intelligenza Artificiale è ancora molto limitata: solo il 6% che
adopera una tecnologia IA.
Partiamo dall’obiettivo del decennio digitale 2030:
ovvero mettere online il 100% dei servizi pubblici principali per le imprese e
i cittadini dell’Unione e rendere pienamente operativi i fascicoli sanitari
elettronici.
È una meta che l’Italia sta
raggiungendo a ritmi sempre più serrati, riducendo le distanza con l’UE;
tuttavia sono i cittadini italiani che, insieme a quelli rumeni e bulgari,
risultano essere i minori utilizzatori dei servizi
pubblici digitali, con un utilizzo inferiore del 50% rispetto a una media
del 65%.
Sono dati che è necessario
tenere presente per impostare le nuove strategie per il 2023. Per questo Confindustria Emilia è da sempre al
fianco delle imprese con numerosi servizi per la digitalizzazione,
internazionalizzazione, la finanza di impresa e molto altro.
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