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Il modello Hpe Coxa: nei box lab formazione post laurea di eccellenza

25/10/2018

La formazioneda sempre è uno dei punti nevralgici per le imprese, soprattutto quelle che operano in settori altamente innovativi. Ma quale formazione? E soprattutto quale rapporto con il mondo universitario?
 
Hpe Coxa, l’azienda modenese specializzata in engineering per il settore dell’automotive, motorsport e automation solution, da oltre una decina d’anni ha costruito relazioni consolidate con le università del territorio, per trovare ingegneri da inserire in azienda. Ma per un’impresa che illustra la propria mission come “fornire ingegneria, progetti e prodotti di eccellenza” non poteva essere abbastanza.
 
E oggi, presso la sede di via Dalla Costa a Modena, alla presenza di numerose autorità, docenti e alcune centinaia di studenti universitari sono stati presentati il Project 100 e i Box Lab, i due pilastri che sostengono la nuova filosofia di Hpe Coxa, che ha deciso di usare l’esperienza accumulata per passare “da Azienda di Settore a Modello di Impresa”, un piano con cui l’azienda vuole portare tra le sue mura un centinaio di neolaureati all’anno per 3 anni.
                                                                                                       
“Partiamo da quello che ormai è un assioma”, spiega Piero Ferrari, presidente dell’azienda e primo fautore di questa rivoluzione che passo dopo passo, viene portata avanti. “Trovare profili ingegneristici adeguati per quantità, qualità e tipologia è difficile, molto difficile. È anche un investimento impegnativo non solo sotto il profilo economico, ma soprattutto in termini di tempo e di energie, Ma è indispensabile se vogliamo rimanere al passo con le richieste dei committenti e con gli stimoli del mercato”.

Il “modello Hpe Coxa”
prevede l’alleanza con 5 Università: Bologna e Modena-Reggio (con le quali l’azienda è socio fondatore nel Muner), Firenze, Pisa e Perugia. I rettori hanno partecipato all’evento, e al termine dell’inaugurazione dei Box Lab hanno firmato l’accordo con l’azienda modenese.
 
“Non solo questi atenei sono e saranno sempre di più il bacino da cui attingere tesisti, neolaureati e dottorandi”, conferma Andrea Bozzoli, amministratore delegato di Hpe Coxa, “ma questo lavoro integrato impresa-università nella formazione post-laurea darà elementi e opportunità per migliorare e indirizzare in modo più perfezionato l’attività formativa in aula. È naturale che la collaborazione sia strettissima”.

Ed ecco nel dettaglio i passaggi del “modello”
: Hpe Coxa si è fatta carico di stilare in modo dettagliato 28 profili ingegneristici, di cui l’azienda necessita per crescere, sulla cui base effettua la selezione dei neolaureati (ne entreranno 65 già quest’anno): queste ragazze e ragazzi, per due anni, porteranno avanti un percorso accelerato che prevede, per ogni profilo, una formazione specialistica di base, seguito da un’attività lavorativa “junior” affiancati da tutor, e una formazione specialistica avanzata per raggiungere competenze “senior”.
 
Ma dove ospitare fisicamente questo stuolo di studenti/specializzandi e docenti? “L’idea ci è venuta alla cena dello scorso Natale con l’architetto Claudio De Gennaro e il nostro comune amico Claudio Ceresoli”, ricorda Bozzoli. “Perché non trovare anche sul fronte costruttivo una risposta innovativa e fuori dal comune? In cinque mesi, il progetto dell’architetto è diventato realtà: i 2 Box Lab costruiti sono edifici realizzati secondo i principi della Green e Circular Economy, container eco-riciclati e reinventati per dare un luogo di studio ai ragazzi e alle ragazze che nei prossimi anni ogni giorno varcheranno i nostri cancelli”.

I Box Lab hanno una superficie di 400 metri quadri
, dove 50 ingegneri hanno a disposizione una postazione tecnologica. Sono un esempio di “circular economy”, perché sono stati realizzati riutilizzando il 70% dei container originali, ma anche di “green economy”, visto che sono autosufficienti sotto il profilo idrico per l’80% e sotto quello energetico per il 90%.
 
“Il risultato più importante di questo percorso”, conclude Andrea Bozzoli, “è che possiamo standardizzare un metodo per dare un volto e le competenze necessarie ai profili professionali che ci servono e ci serviranno in futuro. In definitiva, vogliamo crescere e per farlo vogliamo investire sul fattore umano e aumentare il nostro capitale intellettuale”.

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