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Commodity agricole e conflitto Russia-Ucraina: il prezzo è altissimo

11/03/2022

Enrica Gentile, Ceo di Areté, società bolognese di ricerca, analisi e consulenza economica specializzata nei settori dell’agricoltura e del food
Enrica Gentile, Ceo di Areté, la società bolognese di ricerca, analisi e consulenza economica specializzata nei settori dell’agricoltura e del food

Lo scoppio della guerra in Ucraina, lo scorso 24 febbraio, e l'escalation delle tensioni geopolitiche su scala planetaria hanno minato le fondamenta dei mercati energetici e agricoli. Enrica Gentile, Ceo di Areté, società bolognese di ricerca, analisi e consulenza economica specializzata nei settori dell’agrifood, ci offre un quadro preciso e dettagliato dei contraccolpi economici sulla filiera agroalimentare italiana.

Che cosa è successo ai mercati delle commodity agrifood subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina?

"Molti mercati erano già in tensione da tempo, per effetto di diverse variabili, tra cui la ripresa della domanda nel post-Covid ed un’offerta ancora rallentata da problemi logistici e in molti casi compressa da andamenti meteo avversi nel corso del 2021. I rialzi erano già stati marcati per molti prodotti, tra cui grano duro, mais, oli vegetali, legumi, zucchero, caffè, derivati del latte, nocciole, e la lista sarebbe ancora lunga. Il conflitto ha fatto esplodere la volatilità e impattato immediatamente i prezzi di alcune materie prime su cui Russia e Ucraina sono forti esportatori, anche perché il blocco della logistica in quelle aree sta rendendo impossibili le forniture. Frumento, mais, soia ed oli vegetali, girasole in particolare, sono i più colpiti perché direttamente toccati dal conflitto. Ma il problema non si limita a questi, perché i fenomeni di trasmissione e gli effetti spillover stanno di fatto estendendo rialzi a praticamente tutti i mercati. Con il rimbalzo degli energetici già registrato a gennaio e in escalation nelle ultime settimane, ulteriori rincari si trasmettono soprattutto alle materie prime che richiedono ingenti input produttivi e trasformazioni come latticini, uova e zucchero. Maggiori costi produttivi, lungo tutta la filiera, sono anche trasmessi dai rialzi dei fertilizzanti (correlati al gas e prodotti in Russia e Ucraina) e dai maggiori costi delle materie prime legate al packaging (a partire dall’alluminio). I rincari del petrolio si trasmettono direttamente anche all’etanolo, aumentando l’incentivo a produrre etanolo da materie prime agro come canna, bietola e mais, determinando ulteriore scarsità su questi mercati. La sostituzione sui carburanti guida invece l’effetto spillover sul comparto oli vegetali, dove l’olio di palma malese ha già oltrepassato il suo record storico assoluto. E ancora, stanno schizzando in alto i costi del packaging, per le difficoltà di molti produttori di carta e cartone, estremamente energivori".

In che modo ne risentiranno le aziende della filiera agroalimentare?
"La filiera è estremamente colpita. I rialzi sono talmente generalizzati e talmente estesi che praticamente nessuno ne resta fuori, anche se le industrie più colpite oggi sembrano essere quelle della pasta, dei prodotti da forno e dolciari, delle fritture, dei mangimi, ma a cascata anche dei prodotti di origine animale, uova e lattiero caseario in primis. Inoltre non bisogna dimenticare che se da un lato i danni arrivano dai rincari delle materie prime per produrre, dall’altro lato il mercato russo costituiva un importante mercato di sbocco per molte nostre industrie del food (1,2 miliardi di euro complessivi di export, tra Russia e Ucraina, nel 2021), a partire da quella del vino. L’impatto sulle filiere food arriva quindi da entrambi i fronti".

Contromisure efficaci sul brevissimo periodo?
"Alla carenza di prodotto e all’impennata dei prezzi non ci sono contromisure reali. Dove possibile, per le aziende finanziariamente solide, l’importante sarebbe fare il possibile per garantire i volumi e non fermare gli impianti, provando ad allargare il parco fornitori e spingendo, laddove possibile, sulle sostituzioni. Il problema è che nella stragrande maggioranza dei casi la sostituzione non è tecnicamente possibile e comunque i rincari, anche per questo effetto shifting, si stanno trasmettendo a tutte le materie prime sostitutive. È il caso degli oli alternativi al girasole, che sta di fatto bloccando l’industria del bakery e non solo. Soprattutto chi era stato corto con gli approvvigionamenti si trova in grande difficoltà, ma tutto dipenderà dall’evoluzione e dalla durata del conflitto. Ciò che stiamo consigliando alle aziende è di seguire attentamente le evoluzioni dei mercati, per capire come evolvono i fondamentali – e quindi cosa potrebbe accadere nel medio periodo - e poter cogliere eventuali spiragli".

La GDO come reagisce, e quali saranno i contraccolpi sul lato dei consumatori finali?
"Le risposte non sono del tutto uniformi, ma in generale la GDO sta cercando di limitare la trasmissione dei rialzi a valle, sui consumatori. D’altro canto la cosa non può durare. L’impennata dei costi di produzione è ormai talmente forte e si sta prolungando per tempi così lunghi che non è possibile pensare di scaricarla interamente sull’industria, né di comprimere sufficientemente i margini per salvaguardare del tutto i prezzi al consumo. I rialzi ci saranno e in molti casi sono già visibili".    

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