di Generoso Verrusio
Una rilettura non convenzionale di uno dei simboli del Novecento
femminile, suffragata da documenti inediti e da una ricca messe di notizie
ricavate da lettere e diari. Con “Claretta l'hitleriana. Storia della
donna che non morì per amore di Mussolini” Mirella Serri ci porta indietro nel
tempo su uno dei capitoli più controversi della nostra storia recente. "Non una sciocca, non
soltanto una delle mantenute di Stato ma un’abile e astuta calcolatrice".
Nel titolo, rispetto alla vulgata tradizionale su Clara
Petacci, ci sono almeno due provocazioni. Ce le può spiegare?
"Dalla fine della Seconda guerra mondiale Claretta Petacci è stata il
simbolo del Novecento femminile coniugato in termini di amore e morte. Il suo
martoriato cadavere esposto a Piazzale Loreto ha rappresentato l’emblema di una
giovane donna che decise di seguire il suo uomo, correndo assieme a lui tutti i
suoi rischi e finendo sotto il mitra dei partigiani. Negli anni Ottanta persino
Sandro Pertini, il valoroso comandante partigiano che aveva ordinato
l’esecuzione di Benito Mussolini, divenuto presidente della Repubblica
italiana, condannò l’uccisione di Claretta sostenendo che era stata una donna
coraggiosa e generosa. Molte delle biografie che sono state dedicate alla
Petacci sottolineano che fu una vittima sull’altare dell’amore. Gli storici che hanno scritto fino a oggi di Clara l’hanno trattata con
paraocchi maschili e hanno considerato un’attenuante del suo filonazismo e dei
suoi intrighi il suo ruolo femminile: da tempo i movimenti delle donne però
combattono l’idea che il merito femminile possa consistere nel sacrificio in
nome di un uomo, tanto più in nome di un dittatore sanguinario. L’immagine e il
ricordo di Claretta vittima sacrificale che arrivano fino a oggi offendono più
che mai le donne. Questo mito della Petacci costituisce anche un’attenuante
delle gravi colpe del fascismo".
A quali fonti storiche “nuove” ha avuto accesso nella
stesura del suo libro?
"Ho utilizzato documenti inediti e una ricca messe di notizie ricavate
anche dalle lettere e dai diari di Claretta per smantellare il mito del 'sacrificio' di Clara e ricostruirne la biografia smentendone i luoghi comuni".
Di biografie su di lei ne sono state scritte un bel numero.
Questa, però, è forse una delle poche che ha un punto di vista eccentrico e…
femminile.
"I protagonisti non
sono 'personaggi' ma persone, ritratte nella loro quotidianità. Sono
un’appassionata della ricerca del dettaglio, del particolare della vita
vissuta. Penso che gli storici e i musei fino a oggi spesso si sono scarsamente
dedicati a raccontare come si viveva e quali erano le coordinate mentali in cui
ci si muoveva. Così, per esempio, mi
sono molto documentata sulle mogli dei gerarchi tedeschi che li accompagnarono
durante il viaggio di Hitler in Italia. Entrare nelle vite delle mogli, delle compagne
dei gerarchi mi incuriosiva. Per esempio, nonostante il Reich restituisca
l’immagine della famiglia perfetta, molti uomini tradivano le consorti – ed era
considerato abbastanza lecito – ma anche molte donne lo facevano. E su questo
si chiudevano gli occhi. A fianco di ogni gerarca ho aperto una parentesi per
ricordare la sua fine (giustiziato dopo il processo di Norimberga, suicida…).
Mi interessava mettere a confronto la loro vita 'normale' con shopping, pranzi,
cene e passeggiate e quella sconosciuta e sotterranea in cui lavoravano a
orrendi misfatti".
Clarice, detta Clara o vezzosamente Claretta, fu una donna
cinica, crudele e sfrenata nella sua ambizione. Non proprio una martire né
tanto meno una vittima. Eppure, finora è sempre prevalso una sorta di
giustificazionismo di genere. Perché?
"Claretta quando incontra Mussolini aveva vent’anni e tra le prime cose
chiede al dittatore di intervenire per aiutare il padre in un processo. Clara è
sicuramente attratta dal suo amante ma contemporaneamente è assolutamente
determinata a ricavare tutti i vantaggi dalla situazione di privilegio in cui
si trova. Per lui sopporta tanti tradimenti – 'ho più corna in testa di un
cesto di lumache', dice – e per sé stessa e la sua famiglia si dedica al
malaffare (traffico d’oro, soldi presi dagli ebrei a cui concedeva certificati).
Clara certamente non andava condannata a morte ma andava sottoposta a un
regolare processo. Ma quali furono le sue responsabilità? I partigiani che la
fecero posizionare a fianco del Duce non eseguirono la sentenza capitale solo
per gli imbrogli da lei gestiti fin dalla metà degli anni Trenta ma soprattutto
perché Clara a Salò fu la 'portavoce degli interessi di Hitler presso
Mussolini', come fu esplicitato dagli stessi partigiani".
C’è un’altra donna, prendendo a riferimento quel periodo
storico, che si può paragonare a Clara o che abbia avuto una parabola simile?
"Eva Braun che Hitler sposò poco prima di morire ma era molto meno
intelligente e meno ambiziosa di Claretta che era una donna di potere. Il rapporto
con il Duce fu una strada privilegiata per avere ricchezze e autorità. Non a
caso il libro si chiama 'Claretta l’hitleriana': a Salò quando il Duce è stanco
e provato ed è di fatto prigioniero dei nazisti lei sposa la causa di Hitler".
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