Boomer, X,
Millennials e Z. Cambiano le generazioni e cambiano anche l’approccio e le
esigenze al lavoro. Rispetto al
passato, e soprattutto a due anni dalla pandemia, c’è una maggiore attenzione
verso la wellbeing culture, come la conciliazione dei tempi di vita e lavoro,
la formazione personale, la condivisione di temi importanti.
Tuttavia
sembra che le aziende fatichino ancora a mettere in atto una valida People Strategy, finendo da un lato a
non riuscire più a soddisfare le richieste dei boomer, dall’altro a non
attrarre giovani risorse.
Confindustria Emilia, in
quest'ottica, aiuta le imprese nell'individuazione dei piani welfare, al fine di ottenere i massimi risultati, definendo
con precisione gli obiettivi da raggiungere e pianificando in modo adeguato gli
strumenti e i servizi da realizzare o da innovare.
È del 2022 lo
studio di Gallup secondo cui la percentuale di
lavoratori che crede che la propria azienda tenga al benessere organizzativo è precipitata ai livelli pre-Covid19.
La ricerca
coinvolge naturalmente i lavoratori degli Stati Uniti, ma ci pone comunque una
questione di merito: quali misure
tangibili possiamo garantire ai dipendenti affinché il loro benessere in azienda sia tutelato e
curato?
Fare welfare aziendale significa infatti
proprio questo: creare benessere per generare valore. In altre parole, quanto
meglio stanno i dipendenti, tanto più l’azienda sarà in salute.
Con lo scopo
quindi di migliorare la qualità di vita
dei lavoratori, attraverso la definizione di un percorso welfare è
possibile attivare benefits e
prestazioni non monetarie, in modo da aumentare
il potere d’acquisto senza incrementare il reddito imponibile e il peso
erario sul datore di lavoro.
I vantaggi sono numerosi: dalla riduzione del turnover all’aumento della
motivazione e della soddisfazione, fino al miglioramento della capacità di
attrarre nuovi talenti.
Se in linea
generale applicare anche forme basilari di welfare funziona e dà il senso di un
primo orientamento dell’azienda verso questi temi, non bisogna però dimenticare
che ci troviamo spesso davanti a una popolazione lavorativa che necessita di
accorgimenti mirati per ritrovare fiducia e soddisfazione sul luogo di lavoro.
Secondo molte
ricerche, le esigenze mutano da generazione a generazione, e anche il concetto di benessere aziendale diventa
relativo all’età.
Ad esempio:
I BOOMER. Nati tra il 1950 e 1965, è una
generazione ancora molto attiva e le proiezioni stimano una loro crescita del 30% nella partecipazione al lavoro. In
base al sondaggio di Business Wire,
sono alla ricerca di un maggiore equilibrio tra vita privata e professionale e
sono molto attenti a tutti i benefici relativi alla cura della salute (con al
primo posto il controllo regolare della vista).
GEN X:
Nati tra il 1965 e 1980, sono la classe di età più rappresentata nella
forza lavoro italiana. Nel documento dell’Employer
Brand Research di Randstad, emerge come anche per questa generazione sia fondamentale il rispetto del work-life
balance che si ottiene però lavorando in autonomia e rispettando delle
tempistiche personali. Anche l’opportunità di apprendimento e di formazione continua è un fattore
determinante: i corsi di formazione sono sempre apprezzati dai singoli
collaboratori per apprendere nuove skill operative.
MILLENNIALS: Nati
tra il 1981 e 1996, è la generazione che, rispetto alle precedenti, è più
attenta ai valori aziendali soprattutto in termini di benessere della comunità,
ma pone altrettanta attenzione alla retribuzione. Secondo Standard Media sono molto attenti ai rapporti personali e
professionali e necessitano di essere coinvolti in vari progetti.
GEN Z: Nati tra 1997 e la fine del
2000, è la generazione attenta ai temi della diversità e dell’inclusione.
Secondo il Time, la cultura
aziendale, la socializzazione con i colleghi e la presenza di “mentore” sono i
driver che reputano importanti per la loro crescita professionale.
Rispondere ai bisogni e alle necessità di
ogni lavoratore può essere complesso, per questo Confindustria Emilia sostiene le imprese aiutandole nella gestione
dei piani welfare attraverso l’introduzione
di accordi aziendali che prevedano la conversione del premio di produzione in
servizi di flexible benefit e
supportando le associate nella definizione di piani welfare on top.
Una
volta definito il piano di welfare aziendale che identifica fonti, servizi,
ruoli, strumenti e metodi del programma di welfare in azienda, sulla
piattaforma di welfare si può seguire un iter di attuazione che prevede:
·
fase di consulenza che prevede l’analisi demografica (età, genere, numero
di figli ecc.); analisi sociologica, per far emergere le singole esigenze;
analisi retributiva.
· supporto
alla comunicazione per facilitare il cambiamento, valorizzare i risultati
raggiunti presso dipendenti e collaboratori e per migliorare l'immagine
dell'impresa creando un consenso diffuso.
· delivery operativo tramite strumenti
digitali con la gestione multicanale del supporto alle richieste di
rimborso da parte delle persone e gestione della piattaforma informatica.
Le
aree di intervento possono riguardare diversi aspetti: l'assistenza sanitaria
integrativa, la previdenza complementare, il sostegno all'istruzione e
all'educazione dei figli (rette degli asili nido, libri di testo, ludoteche e
doposcuola), le attività ricreative, culturali e sportive (palestre, stadio,
abbonamenti a teatro), l'assistenza sociale ai familiari del dipendente
(badanti, infermiere, babysitter), il sostegno al potere d'acquisto (carrello
della spesa), la mobilità.
Oggi è essenziale diventare una comunità anche nel luogo di lavoro. In
tale ottica la nuova cultura aziendale
incentrata sul welfare può diventare lo strumento adatto per rafforzare il
senso di appartenenza delle persone alla realtà in cui lavorano e trovare un
cardine per la crescita.
Per avere maggiore informazioni sui servizi welfare di Confindustria Emilia, contatta la nostra Area Relazioni Industriali e Lavoro.