In
Philip Morris, durante il lockdown, hanno studiato, progettato e infine messo a
punto uno strumento per la rilevazione della temperatura dei dipendenti in
ingresso. Ogni giorno con questa tecnologia viene controllato l'ingresso di
circa 2mila persone spalmate su tre turni. Il merito è di T3LAB, il laboratorio
di ricerca industriale e trasferimento tecnologico fondato nel 2004 da Unibo e dall'allora
Unindustria Bologna. Per capire il portato di questa rivoluzionaria tecnologia
abbiamo parlato con il direttore generale Rodolfo Vignocchi.
T3LAB
ha sfornato un nuovo progetto. Sviluppato per Philip Morris ma replicabile
anche altrove. Di che cosa si tratta?
"È un progetto nato
durante il lockdown imposto dall’emergenza COVID19 ed è frutto della
collaborazione tecnologica tra Philip Morris Manufacturing & Technology
Bologna e T3LAB nell’ambito della computer vision. La nuova collaborazione
punta a rispondere all’esigenza aziendale di poter riprendere le proprie
attività produttive tutelandosi dai rischi epidemiologici. In quest’ottica
nasce la necessità dell’azienda di dotarsi di strumenti di misurazione rapida e
automatica della temperatura corporea, senza la necessità di un presidio
sorvegliato. Il sistema si basa su telecamere termiche ad alta risoluzione che
sfruttano un reference body esterno per la taratura continua del sistema.
L’algoritmo software sfrutta tecniche di deep learning per il riconoscimento
del volto e della zona occhi. Il sistema è in grado di misurare la temperatura
nell’interno occhio della persona, mediando più misure ottenute da una sequenza
di alcune decine di immagini termiche per singola persona. Il sistema
attualmente utilizzato da Philip Morris è installato sia presso la sede di
Crespellano che presso la sede di Zola Predosa. Tutte le stazioni di
misurazione colloquiano in tempo reale con un server centrale che consente un
monitoraggio remoto di tutte le postazioni. Inoltre, tutte le acquisizioni e le
successive elaborazioni si basano esclusivamente su immagini termiche (non RGB)
nel pieno rispetto della vigente normativa sulla privacy e giuslavoristica. T3LAB
continua a cooperare con aziende internazionali su progetti di computer vision,
deep learing, software embedded avanzato e protocolli IoT".
A
quale investimento andrebbe incontro un'azienda che volesse dotarsene?
"Dato che
l’obiettivo iniziale del progetto era quello di creare un sistema di
rilevamento di temperatura affidabile ed estremamente performante, la
strumentazione hardware occupa una fetta consistente del budget. Ad esempio,
per una singola postazione di misura occorrono circa 8 mila euro per la sola
strumentazione hardware. A questi costi vanno aggiunti le voci di spesa
relative allo sviluppo software e alle personalizzazioni. Ricordo però che
questa soluzione consente di risparmiare sui costi di personale dedicato alla
misurazione della temperatura in quanto si tratta di postazioni non presidiate".
Possiamo
pensarlo anche a misura di Pmi?
"Per una Pmi si
può pensare a una singola postazione di misura senza la necessità di un server
centrale di monitoraggio. Tale soluzione consente di abbattere i costi hardware
e software pur garantendo l’accuratezza e velocità del sistema. Inoltre, non è
esclusa la possibilità per le Pmi di beneficiare di contributi a fondo perduto
nazionali o locali dedicati all’installazione di tali sistemi".
Qual è la situazione in Emilia?
"Sono diversi i
soggetti che si occupano in Italia di ricerca industriale e trasferimento tecnologico.
Si tratta di una attività che sta a metà tra la ricerca di base di stampo
generalmente universitario e l’attività di innovazione portata avanti spesso
direttamente dalle imprese. Tra queste le più grandi investono in attività di
vera e propria ricerca, mentre le Pmi tipicamente svolgono attività cosiddette
di innovazione incrementale. La Regione Emilia-Romagna ormai da più di una
decina d’anni si è impegnata a dare vita a un sistema regionale di ricerca
industriale investendo risorse ingenti di origine europea per favorire la
nascita di una serie di laboratori di ricerca orientati specificatamente alla
attività di trasferimento tecnologico. Si tratta della Rete Alta Tecnologia -
di cui anche T3Lab fa parte - il cui obiettivo era il cosiddetto 'ultimo miglio'
necessario per portare alle imprese nuove tecnologie a loro non note per
migliorare prodotti e processi produttivi. Un vero ponte tra il mondo
accademico, più portato alla ricerca di base e alle pubblicazioni scientifiche,
e le imprese che hanno necessità di know-how spendibile praticamente e in tempi
abbastanza brevi.
Alla fase di semina
(promozione della nascita dei laboratori e dei centri per l’innovazione) ha
fatto seguito una fase di consolidamento che è ancora in atto, il cui obiettivo
è quello di generare strutture sufficientemente solide per essere in grado di
sopravvivere autonomamente e di costituire, ognuna per tipologia di settore e
tecnologia, un vero punto di riferimento per le imprese.
Il processo è ancora
in atto, ma qui si evidenzia un vecchio 'vizio italiano': la scarsa capacità di
fare sistema e di unire strutture piccole per dare origine a soggetti più
rilevanti e in grado di usufruire di economie di scala. Il rischio è la
creazione di architetture barocche con dispersione di energie e di difficile
comprensione per il sistema delle imprese. Crediamo che il sistema confindustriale
possa svolgere in questo senso una funzione importante".