Pass è una società di
servizi che fornisce consulenza e formazione in
materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e in materia ambientale. Il 28 aprile nel ridotto del Teatro Comunale di Ferrara ha organizzato un evento
sui suoi temi "core". Di seguito la nostra intervista a Paola
Garavini, che di Pass è la legale rappresentante.
Il 28 aprile è una data molto importante per chi si
occupa di sicurezza sul lavoro, perché?
"Il 28 aprile si celebra la giornata mondiale per la salute e
sicurezza sul lavoro. Nel mondo muoiono ogni anno due milioni di persone nello
svolgimento della propria attività lavorativa, l’80% per malattie professionali
e malsane condizioni di lavoro. In Italia l’anno scorso sono stati denunciati
555.236 infortuni (74.006 in Emilia-Romagna), contro i 554.340 del 2020 (67.816
in regione). Come Pass nel 2016 abbiamo cominciato a organizzare eventi di tipo
culturale e divulgativo per portare l'attenzione di aziende e opinione pubblica
su questi temi. Oggi posso dire che il bicchiere è mezzo pieno perché se ne
parla tanto e in maniera trasversale all'interno della nostra società. Ma è
anche mezzo vuoto perché il numero delle vittime è ancora troppo alto e non accenna a diminuire".
Che cosa significa, in generale, lavorare in un ambiente
sicuro?
"Vuol dire ridurre al minimo il rischio, tenendo ben presente che il 'rischio zero' non esiste. Un ambiente lavorativo sciuro è un
ambiente dove l'errore umano, quando si determina, non provoca danni. Un'organizzazione
del lavoro è sicura nel momento in cui anche se sbagli non succede nulla di
drammatico per te e per gli altri. Alle aziende ricordo sempre che i costi
della sicurezza da sopportare dal punto di vista normativo e operativo sono
sempre minori dei costi della non sicurezza. Un'azienda non sicura, poi, è
un'azienda che non cresce e che non ha appeal nei confronti dei suoi
stakeholder".
Il Covid-19 può considerarsi uno spartiacque per la
sicurezza in azienda?
"Ha acceso i riflettori sul fatto che la sicurezza non è un'operazione
individuale ma corale. O siamo tutti, insieme, sicuri, o non lo è nessuno. La
sicurezza è una responsabilità individuale collettiva. Parole come Dpi sono
diventate di uso comune e tanti altri acronimi legati ai temi della salute e
della sicurezza sul lavoro sono diventati conosciuti e diffusi.
Devo dire però che dopo il Covid-19 qualcosa è cambiato, non sempre in meglio".
Ovvero?
"Dopo 2 anni di pandemia nel mondo reale, e a cascata anche nelle
aziende, si è alzato il livello della conflittualità e dello stress. A rischio
c'è il benessere psicofisico e relazionale dei lavoratori in azienda. Il Great Resignation, d'altro
canto, come concordano gli esperti,
è un fenomeno che in parte spiega questo nuovo scenario. Credo che le aziende
dovranno fare i conti con queste dinamiche, conoscerle a fondo per poter
reagire e provare a non subirle. Anche lo smartworking
(o agile, o da remoto) si è rivelato uno strumento in grado di portare grandi
vantaggi, ma anche nuovi rischi, che richiedono competenze e approcci
multidisciplinari. Ma soprattutto poca demagogia".
Dal vostro osservatorio, a che punto sono le imprese
emiliane su questi temi?
"Le imprese emiliane dimostrano grande sensibilità. In Emilia ci sono
realtà imprenditoriali che per classe dimensionale hanno risorse e persone per
lavorare tanto e bene su questi temi. Siamo in una regione
dell'Italia dove i controlli degli enti di vigilanza
sono più seri e rigorosi. Dal mio punto di vista, però, rimane ancora
molto da fare sul lato culturale e formativo. Iniziative come quella dello
scorso 28 aprile servono proprio a tenere alta l'attenzione. Su sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro le luci dei riflettori devono rimanere sempre
accese".