Quest’anno
il Premio Estense celebra il sessantesimo anniversario e con l’occasione
riviviamo i suoi 60 anni di storia attraverso un ciclo di articoli scritti con
la collaborazione di due studenti del master in giornalismo dell’Università di
Bologna, Chiara Putignano e Giuseppe Nuzzi. Vi presentiamo il terzo articolo
che descrive il legame tra il Premio Estense e gli anni Sessanta – che ne hanno
visto la nascita – caratterizzati da un fermento che riguarda anche il versante
intellettuale e culturale.
Gli anni
Sessanta sono piuttosto turbolenti in tutta Europa, e l’Italia non è da meno,
con gli echi della contestazione che poi esploderà tra il 1968 e il 1969. Il
fermento, però, riguarda anche il versante intellettuale e culturale, e il
neo-nato Premio Estense lo dimostra molto bene: Ferrara in quegli anni attrae
grandi nomi del giornalismo, come Carlo Bo, Enzo Bettiza e Alberto Ronchey.
L’essere umano mette per la prima volta piede sulla luna e in Italia si
concretizzano le trame eversive con l’avvio della strategia della tensione,
segnata dalla strage di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969. Cominciano a
prendere forma anche le Brigate Rosse, che daranno via – assieme a gruppi di
schieramento opposto – a una lunga stagione di sangue. La letteratura, però, va
avanti. Cerca di spiegare il mondo, di raccontare la realtà. Vuole informare e
anzi formare cittadine e cittadini consapevoli. E il Premio Estense non si tira
indietro.
Il 1965,
anno di battesimo del Premio, premia in ex aequo Carlo Bo, con Siamo ancora
cristiani? e La Russia contro Kruscev di Alberto Cavallari. Il libro di Bo
riflette sul cristianesimo in un mondo moderno e in continua evoluzione,
esplorando il rapporto tra la fede e le sfide del mondo contemporaneo. Il
giornalista sottolinea l’importanza di un cristianesimo che sia in grado di
confrontarsi con le tragedie del mondo senza ergersi con un senso di sterile
superiorità. La Russia contro Kruscev, invece, è un’analisi della situazione
politica in Russia durante il periodo in cui Kruscev fu segretario generale del
Partito Comunista dell’Unione Sovietica (1953-1964).
Enzo
Bettiza, nel 1966, vince con La nuova cultura tedesca, un’inchiesta sulla
Germania e sulla sua cultura nel periodo post-bellico. Bettiza, tramite il
racconto degli intellettuali germanici, riscopre un Occidente alle prese con il
dibattito di civiltà con l’Oriente europeo e racconta del ritorno della
intellighenzia tedesca.
Nel 1967
l’Aquila Estense va a L’ultima America di Alberto Ronchey, mentre il 1968 vede
la vittoria di Sergio Maldini con il suo Il giornalista riluttante, in cui
l’autore espone la sua idea di giornalismo, a cavallo tra la professione di
reporter e la letteratura.
Nel 1969
Adriano Buzzati Traverso si aggiudica il Premio con L’uomo su misura, che
raccoglie il meglio dell’attività di divulgatore svolta in quel periodo. Il
libro fa un censimento delle ricerche d’avanguardia che si vanno compiendo nei
laboratori di tutto il mondo, e ne espone i risultati in un linguaggio
praticabile anche per i non specialisti, mostrando infine le linee di
convergenza delle varie ricerche.