
Dopo aver fatto una panoramica sui principali regimi doganali speciali – dal Carnet ATA al perfezionamento attivo e passivo – è il momento di concentrarci su un tema spesso meno noto ma molto utile per le imprese: la reintroduzione in franchigia.
Scopriremo come funziona, in cosa si differenzia dagli altri strumenti e quali vantaggi concreti può offrire.
La reintroduzione in franchigia è un regime doganale che consente alle imprese di riportare in Unione europea merci già esportate senza dover pagare i dazi all’importazione.
La condizione principale è che le merci rientrino nello stesso stato in cui sono uscite, senza trasformazioni o lavorazioni.
I regimi di perfezionamento si applicano quando le merci subiscono lavorazioni:
La reintroduzione in franchigia non ammette modifiche: i beni devono rientrare esattamente come erano usciti, e devono essere identificabili, ad esempio con il numero di matricola per i macchinari.
Con la Circolare n. 27/2024 dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, sono stati forniti importanti chiarimenti:
La circolare ha così semplificato il quadro operativo, rendendo questo regime più facilmente fruibile per le imprese.
Vai al nostro approfondimento su Regimi doganali speciali: Carnet ATA, traffico di perfezionamento e reintroduzione in franchigia o su Traffico di perfezionamento attivo e perfezionamento passivo: guida 2025
La reintroduzione in franchigia è particolarmente vantaggiosa quando:
È quindi uno strumento prezioso per ridurre i costi e semplificare le operazioni doganali nelle movimentazioni temporanee di merci. Inoltre, rappresenta un’opportunità concreta per le imprese che operano a livello internazionale, consentendo di evitare oneri inutili e agevolando la mobilità dei beni.
Per chi esporta temporaneamente beni fuori dall’UE, conoscerne le potenzialità significa risparmiare costi e tempo, aumentando la competitività sui mercati esteri.
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Affinché’ la reintroduzione in franchigia abbia un buon esito, è necessario dimostrare alla dogana che la merce sia la stessa merce esportata nei tre anni precedenti. Per farlo è necessario produrre: - Fattura di esportazione, con presenti riferimenti sulla merce venduta utile a identificare univocamente la merce (come ad esempio numeri identificativi univoci, numeri seriali etc. etc.) - Bolletta di esportazione corredata dal visto uscire, che certifica l’uscita dall’UE; - Elementi di identificazione univoci (numero di serie, matricola o simili) riportati sui documenti commerciali e riscontrabili fisicamente sulla merce o, in assenza, qualsiasi altro mezzo di riconoscimento che consenta inequivocabilmente la correlazione tra l’esportato ed il reimportato. - Eventuali ulteriori documenti (ad esempio comunicazioni dell’acquirente estero) possono rafforzare la prova di unicità. Caso reale: Un’impresa italiana esporta una linea confezionatrice, del valore di diversi milioni di euro, verso un cliente estero. Successivamente l’acquirente, per motivi commerciali, rifiuta la macchina. Se la reimportazione dovesse comportare anche il pagamento del dazio, l’esportatore subirebbe un ulteriore danno economico oltre alla perdita commerciale. In questo scenario, il regime di reintroduzione in franchigia consente di far rientrare la macchina senza oneri doganali. Operativamente, l’azienda produrrà: - la fattura di esportazione, con l’indicazione della linea e il relativo numero di serie (solitamente impresso sulla macchina); - la bolletta di esportazione con visto uscire; - eventuale documentazione del cliente estero attestante il rifiuto della merce. Nota operativa: sebbene non espressamente normato, è prassi raccomandata utilizzare la medesima voce doganale impiegata in esportazione anche al momento della reintroduzione in quanto la merce deve rientrare tale e quale. |