Porta la firma di Areté - l’azienda bolognese specializzata nella
valutazione di politiche per il settore agroalimentare - lo studio
della Commissione Ue (download) sulle strategie messe in atto nella
filiera bieticolo-saccarifera europea per rispondere agli shock causati dalla
riforma Pac del 2006.
Gli effetti dell’abolizione delle quote
Da
allora la filiera italiana ha conosciuto un drastico ridimensionamento, passando
da 17 a 4
zuccherifici in attività nei soli anni tra il 2006 e il 2009,
fino a ridursi ai soli due impianti oggi attivi, mentre
nell’intera Ue (ex Ue-28) il numero degli impianti scendeva da 189 a 102.
Altrettanto importante la diminuzione degli occupati negli
zuccherifici italiani (da 5mila unità circa a meno di mille,
oggi) e della produzione, che in Italia
è passata da oltre 1,5 milioni di tonnellate nel periodo precedente alla
riforma a meno di 200mila degli ultimi anni
(su un ettaraggio che passava da oltre 250mila ha del periodo pre-riforma ai
circa 30mila ha odierni), rendendo così il Paese strutturalmente
dipendente dalle importazioni proprio negli anni in cui si
torna a parlare di autosufficienza alimentare e di strategie di accorciamento e
“rimpatrio” delle filiere.
Per
contro a livello Ue, dopo una riduzione negli anni immediatamente successivi
alla riforma, l’ettarato a bietole è rimasto sostanzialmente stabile, sia pure
con alcune oscillazioni (1,4/1,6 milioni di ha), e con esso anche la produzione
totale di zucchero.
La
fine del regime delle quote ha contribuito a determinare, nella prima campagna
di piena attuazione (2017/18), una produzione eccezionalmente elevata di
zucchero nell’Unione, che unita anche alla concomitante situazione di surplus
produttivo a livello globale si è tradotta in una prolungata depressione del
prezzo dello zucchero sul mercato Ue. Il prezzo medio dello zucchero bianco, a
partire da gennaio 2018, si è mantenuto costantemente sotto il prezzo di
riferimento (404,40 euro/ton), toccando un minimo di 312 euro a gennaio 2019, per
riportarsi sopra i 400 euro/ton solo nel luglio 2021. A queste condizioni, senza il
sostegno accoppiato alla bietola (passato da 433 a 741 euro/ha nelle ultime tre
campagne) i bieticoltori italiani avrebbero avuto margini lordi per ettaro
negativi.
Resilienza
e adattamento
Guardando
all’Ue nel suo complesso, lo studio conclude che varie tra le soluzioni volte e
prevenire e gestire i rischi produttivi e di mercato hanno confermato la loro
efficacia anche nel periodo post-quota, sebbene in molti casi si tratti di
strumenti tuttora scarsamente diffusi.
Un ruolo
cruciale è stato giocato dalla diversificazione
produttiva e dall’innovazione (anche attraverso forme di
cooperazione tra imprese, ed avvalendosi dell’importante sostegno finanziario
dell’Ue alla ricerca applicata), ma anche dalla capacità degli operatori di
esplorare nuove ed innovative forme contrattuali.
In
merito alle misure Ue di gestione
delle crisi di mercato - di fatto non utilizzate per lo
zucchero nel periodo post-quota e sulla cui efficacia teorica la Commissione e
gli operatori della filiera hanno visioni altamente divergenti - lo studio
osserva come eventuali aggiustamenti dei
meccanismi d’azione non possano prescindere
dall’orientamento al mercato della Pac.
"Lo
studio ha evidenziato chiaramente, tra le altre cose, come le strategie di
adattamento e gli strumenti di gestione del rischio non possano comunque
sopperire a svantaggi competitivi di natura strutturale, il cui superamento
richiede interventi mirati e radicali", spiega Enrica Gentile,
Project Manager dello studio e Ceo di Areté. "Decisivo in tal senso il ruolo
giocato dagli aiuti accoppiati alla bietola (nei Paesi in cui vengono concessi)
e dagli altri pagamenti diretti nel migliorare la resilienza dei bieticoltori
Ue".