A due mesi dall'inizio della guerra in Ucraina non si arresta la volata dei prezzi agricoli. Ne parliamo in esclusiva con Enrica Gentile, ceo di Areté. Areté è una società bolognese di analisi economica e consulenza specializzata nell'agrobusiness.
I prezzi delle materie prime agricole dopo
l'inizio della guerra in Ucraina sono letteralmente esplosi. Qual è la
situazione in questo momento?
"I rialzi, che per molte commodity
si erano innescati già nel corso del 2021 per fattori indipendenti dal
conflitto, si sono estesi ed amplificati a seguito dell’invasione russa
sull’Ucraina. Il primo driver in questo senso è stato l’aggravarsi della crisi
energetica tra fine febbraio ed inizio aprile, anche per effetto delle sanzioni
occidentali, con balzi di oltre il 20% per il petrolio e intorno al +60% per il
gas naturale.
I rincari si stanno avvertendo praticamente
su tutti i mercati agroalimentari, anche se le più colpite sono naturalmente le
materie prime più energivore. Spiccano quelle di origine animale, già aggravate
dai prezzi dei mangimi ancora alle stelle per l’ammanco di mais, frumento, orzo
e girasole a causa dell’interruzione dei flussi commerciali con Russia e
Ucraina. I prezzi del latte spot intero
nazionale sono a +10% dallo scoppio della guerra ma in realtà ad oltre
il 60% in più rispetto a un anno fa.
Le basse consegne di latte non danno respiro alle trasformazioni, ancora più
dipendenti dagli energetici e in difficoltà anche per i rallentamenti sulla
forza lavoro legati alla pandemia. Gli stock sono a livelli critici e le
quotazioni di polveri, formaggio e
burro in Germania hanno già superato i record storici. Rialzi importanti si vedono anche sulla carne,
con aumenti a doppia cifra negli ultimi 12 mesi, e sulle uova, ai massimi dal 2017, complice anche l’aviaria".
Quanto va meglio per le produzioni vegetali
rispetto a quelle animali?
"I rialzi ci sono ovunque. Lo
zucchero è un altro mercato altamente energivoro, che di fatto nell’UE ha visto
aumenti vertiginosi con quotazioni oltre gli 800 €/ton per il prodotto consegnato
in Italia, a fronte dei 630 €/ton circa che erano quotati prima della guerra.
Pesa il mercato interno Ue in forte tensione, con un conseguente fabbisogno di
importazione che appesantisce i prezzi anche per effetto dei dazi all’import e
dei costi di trasporto e trasformazione in aumento esponenziale. La situazione è complessa anche
per cereali ed oli vegetali, dove il problema maggiore restano il blocco dei
flussi da Russia e Ucraina e le previsioni di produzione in forte calo per
l’Ucraina su mais e girasole a seguito delle ovvie difficoltà di semina. A ciò
si aggiunge il meteo, che anche quest’anno sta facendo la sua parte aggravando
la situazione in aree produttive chiave come il Nord America, dove il protrarsi
della siccità rischia di compromettere le rese soprattutto di frumento. Sempre
in Usa, preoccupa il calo delle superfici a mais, in parte sostituite dalla
soia, meno energivora.
Aumenti si registrano anche sul
caffè – le cui quotazioni si erano inizialmente ridotte per effetto dei timori
di un rallentamento della domanda, ma sono già tornate a salire – e sul cacao,
ma rischi di tensioni si intravedono anche su alcuni mercati della frutta
secca, tra cui mandorle e nocciole.
E a tutto questo dovremmo
aggiungere i problemi sul packaging, con alluminio, carta e plastica in forte tensione...".
In che modo sta reagendo la filiera
agroalimentare? E quella emiliana, ammesso che abbia senso parlarne in modo
compartimentato?
"La filiera si sta adattando, dove
possibile e nei limiti in cui questo è possibile, ovvero ricorrendo a
sostituzioni di materie prime - è il caso dell'olio di palma che è tornato in campo a
sopperire parte dell’ammanco di girasole, ma i cui prezzi sono comunque
schizzati in alto trascinati proprio dall’effetto sostituzione - comprimendo i
margini e ritoccando, sempre dove possibile, i prezzi di vendita. Tuttavia le sostituzioni
possibili sono limitate e la possibilità di comprimere i margini o addirittura - come pure sta accadendo in alcuni casi - di lavorare con margini negativi pur
di non fermare gli impianti e mantenere il posizionamento sugli scaffali, è
praticabile solo per imprese finanziariamente molto solide, e comunque per
tempi limitati.
Quanto al tema territoriale, si
tratta nella quasi totalità dei casi di mercati globali: il problema non è
regionale e neppure nazionale, ma almeno europeo e in molti casi mondiale".
Sul fronte energetico l'Europa prova a risolvere
i suoi problemi diversificando le fonti di approvvigionamento. Parlando invece
di materie prime, la soluzione non pare così a portata di mano.
"Il riadattamento delle filiere
agroalimentari richiede tempo. Degli aggiustamenti sono già in atto. La
politica è intervenuta con delle deroghe rispetto alle norme comunitarie in
materia di terreni a riposo e greening, e confidiamo che quest’attenzione sia
estesa nel tempo ed eventualmente allargata anche ad altre misure che possano
favorire l’innalzamento della produzione interna dell’UE nel breve e negli anni
a venire. L’agricoltura da parte sua sta rispondendo, sia riadattando le
previsioni di semina in funzione dei mercati, sia utilizzando la flessibilità
fornita dalle deroghe di cui sopra già con le semine primaverili, ovunque
possibile. Il resto lo farà il mercato. In parte le filiere si riaccorceranno,
in parte si ridisegneranno per approvvigionarsi su mercati in parte nuovi
rispetto a quelli di qualche mese fa".