Quest’anno il Premio Estense celebra il sessantesimo anniversario e con l’occasione riviviamo i suoi 60 anni di storia attraverso un ciclo di articoli scritti con la collaborazione di due studenti del master in giornalismo dell’Università di Bologna, Chiara Putignano e Giuseppe Nuzzi. Vi presentiamo il quinto articolo che descrive il legame tra il Premio Estense e gli anni Ottanta che
si aprono con due grossi eventi rilevanti per il mondo politico internazionale:
l’ascesa alla presidenza di Ronald Reagan negli USA e l’elezione di Margaret
Thatcher in Gran Bretagna.
Gli anni
Ottanta si aprono con due grossi eventi rilevanti per il mondo politico
internazionale: l’ascesa alla presidenza di Ronald Reagan negli Stati Uniti e
l’elezione di Margaret Thatcher in Gran Bretagna. È il decennio del “ritorno al
privato” e del progressivo primato della finanza rispetto all’industria e
all’economia reale. Oltre il muro di Berlino, intanto, si sentono sempre più
chiari gli scricchiolii dei Paesi del patto di Varsavia.
Si avvia in
quegli anni una rivoluzione nata nei garage della Silicon Valley e destinata a
cambiare per sempre la vita quotidiana, i processi produttivi, il costume: la
diffusione del personal computer e dell’informatica.
In Italia la
marcia dei quarantamila a Torino segna, non solo simbolicamente, la fine delle
contrapposizioni sindacali del decennio precedente, mentre la mancata
realizzazione del compromesso storico apre la strada alla formula di governo
che segnerà il decennio: il pentapartito.
Un periodo
pieno di subbugli, che il Premio Estense ha saputo affrontare e raccontare,
come dimostra il libro vincitore del 1980, Il grido delle formiche di Lucio
Lami, un dialogo con 22 protagonisti del dissenso sovietico.
L’anno
successivo Ilario Fiore vince con La Spagna è differente, un titolo che
riprende uno slogan turistico. Come è suo solito fare, il giornalista racconta
quegli eventi che ha vissuto da vicino nel corso degli anni spesi in Spagna per
lavoro, dalla morte di Franco al lento ingresso verso la democrazia. E traccia,
nel contempo, un affresco di personaggi ed eventi della penisola iberica.
Nel 1982 si
aggiudica la vittoria Piero Ostellino con Vivere la Cina, un resoconto che
offre una panoramica della vita in Cina basata proprio sull’esperienza
personale dell’autore. La giornalista Rosellina Balbi vince l’Aquila d’Oro
l’anno successivo, con Hatikvà. Il ritorno degli ebrei nella Terra Promessa: è
la storia del ritorno degli ebrei in Israele, un evento che – ancora e
soprattutto oggi – ha una vasta eco nel
panorama geopolitico internazionale.
Il calcolo
dei dadi di Giulio Nascimbeni si aggiudica la vittoria nel 1984: Nascimbeni,
eccezionale divulgatore di cultura, riversa in quelle pagine il suo amore e le
sue conoscenze sui libri e sulla letteratura.
I libri del
1985 e del 1986 vincono nel segno dell’arte: Vittorio Sgarbi ottiene l’Aquila
d’Oro con Il sogno della pittura – che riflette su come si guarda oggi un
quadro –, mentre Federico Zeri nell’Inchiostro variopinto – come già anticipa
il titolo – esplora nei suoi saggi multiformi questioni attuali e quotidiane,
sempre connesse ai fatti della vita.
Dopo la
panoramica sul Giappone di Vittorio Zucconi nel Giappone tra noi (1987), Ettore
Mo condensa in La peste, la fame, la guerra (1988) il suo vissuto di
corrispondente di guerra in vari Paesi, tra cui Afghanistan, Kurdistan, Iran,
Iraq, Medio Oriente, Cambogia, India e Centro America.
Il decennio
si chiude con un terremoto geopolitico: il 1989 è il crollo del muro di
Berlino, che segna la lenta scomparsa della cortina che aveva diviso in due
l’Europa e il mondo. È anche l’anno in cui Giorgio Manganelli vince con
Improvvisi per macchina da scrivere, una raccolta di corsivi (o improvvisi,
appunto), cioè brevi commenti molto incisivi, dal tono polemico oppure ironico,
su una singola notizia, un personaggio o una vicenda di interesse pubblico.
Dalla scrittura al linguaggio, dalla vita quotidiana alla letteratura,
Manganelli non si risparmia dall’usare la sua penna arguta.