Le sanzioni non sono più un tema limitato a chi opera direttamente con paesi sotto embargo: oggi, ogni azienda è potenzialmente coinvolta.
L'Unione europea ha implementato 14 pacchetti di sanzioni contro la Russia, rafforzando progressivamente le misure non solo nei confronti del territorio russo, ma anche con un marcato orientamento verso l’extraterritorialità.
Più di 20 nuove disposizioni normative, presenti nel regolamento 833/2014, hanno ampliato gli obblighi di compliance per le aziende, includendo anche quelle che non intrattengono relazioni dirette con la Russia.
Dal febbraio 2022, il contesto geopolitico mondiale è cambiato radicalmente.
La guerra in Ucraina e la conseguente imposizione di sanzioni contro la Russia hanno diviso il mondo in due blocchi principali: da un lato, l’alleanza occidentale, composta da 39 stati membri della Global Export Control Coalition, tra questi:
● Australia, Canada, 27 Stati membri dell'Unione europea, Islanda, Giappone, Liechtenstein, Nuova Zelanda, Norvegia, Repubblica di Corea, Svizzera, Taiwan, Regno Unito e Stati Uniti;
dall’altro, oltre 160 paesi, che spesso mantengono relazioni commerciali con la Russia, creando terreno fertile per l’elusione delle sanzioni. Tra questi sono inclusi:
● Turchia, Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Messico, Sud Africa, Venezuela, Iran, Israele, Stati dell’Unione Economica Euroasiatica (Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan).
Le sanzioni europee e statunitensi sono diventate strumenti sempre più pervasivi. L’extraterritorialità pattizia si manifesta attraverso obblighi contrattuali – come la clausola “no Russia” (per saperne di più vai all’articolo) – che impediscono la riesportazione verso la Russia o l’utilizzo di beni e servizi per scopi russi, anche se venduti a paesi terzi non sanzionanti.
D’altra parte, l’extraterritorialità merceologica si riferisce alla restrizione del commercio di determinate categorie di beni o tecnologie a duplice uso, con controlli rafforzati su filiere e partner commerciali.
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Gli effetti delle sanzioni e delle normative extraterritoriali sono evidenti nei recenti casi delle designazioni OFAC (Office of Foreign Assets Control) degli Stati Uniti, che hanno colpito due aziende italiane nell’agosto 2024:
- Idronaut SRL
- Fagima Fresatrici SPA.
Questi casi dimostrano come le sanzioni possano colpire duramente, anche in assenza di rapporti diretti con il mercato russo.
● Idronaut, azienda produttrice di sonde oceaniche, è stata accusata di aver collaborato con Shanghai Oceanen, un distributore cinese che avrebbe fornito attrezzature a duplice uso a Technopoles, un’entità russa. L’accusa si basa su triangolazioni commerciali che avrebbero violato le sanzioni UE e statunitensi.
● Fagima, invece, è stata designata per rapporti con un agente russo coinvolto in triangolazioni commerciali tramite paesi terzi. In particolare, si evidenzia il rischio legato alla gestione inefficace della proprietà intellettuale: prodotti clonati da un'azienda cinese sono stati venduti in Russia, mettendo Fagima in una posizione vulnerabile.
Questi casi, assieme a tanti altri non citati in questo articolo, evidenziano come i rischi di designazione possano derivare non solo da operazioni dirette, ma anche dalla mancata protezione della filiera e della proprietà intellettuale.
L’impatto dell’extraterritorialità delle sanzioni è immediato.
La designazione americana comporta una sostanziale impossibilità a continuare ad operare nei circuiti commerciali e finanziari non solo negli USA, ma anche in Italia e in UE.
Le autorità statunitensi, attraverso OFAC – autorità competente che applica e amministra le sanzioni economiche commerciali che derivano dalle decisioni di politica estera dell’Amministrazione americana, al fine di tutelare la sicurezza nazionale verso determinati Paesi, terroristi, trafficanti di droga e/o soggetti coinvolti nel commercio di armi di distruzione di massa –, possono inserire aziende e persone fisiche nella SDN List, impedendo loro di operare a livello globale.
Questa misura può derivare anche da attività compiute da terzi connessi indirettamente all’azienda.
È, questo, un chiaro segnale all’Italia e all’Europa, perché le triangolazioni commerciali su prodotti proibiti con la Russia sono un fenomeno massiccio ed esteso: da parte di aziende italiane, così come tedesche o francesi.
Gli obblighi imposti dalle sanzioni europee e dalle disposizioni statunitensi richiedono da parte delle aziende un rigoroso controllo delle proprie operazioni, con particolare attenzione a:
● monitoraggio della filiera e dei partner commerciali;
● condurre due diligence approfondite per garantire che clienti e fornitori rispettino le normative internazionali;
● introduzione di clausole “no Russia” nei contratti di vendita e trasferimento tecnologico;
● tutela della proprietà intellettuale, per evitare che terzi sfruttino tecnologie o marchi clonati in violazione delle normative;
● Inoltre, è fondamentale che gli operatori dell’UE adottino procedure di due diligence adeguate a prevenire possibili deviazioni verso la Russia o la Bielorussia tramite paesi terzi.
In un mondo sempre più regolamentato e interconnesso, adeguarsi alle normative non è solo una questione di legalità, ma una necessità per preservare la reputazione aziendale. L’Area Internazionalizzazione di Confindustria Emilia è sempre a disposizione delle imprese per aiutarle a adeguarsi alle normative vigenti ed evitare errori.
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