di Giuseppe Nuzzi
Gli Stati
Uniti hanno affascinato questa parte di Occidente – e non solo – per
lunghissimi decenni, ma adesso sembrerebbe che la luce a stelle e strisce sia
destinata ad affievolirsi. O almeno questo è quello che ritengono i più: ma per
Francesco Costa l’America resisterà molto a lungo. Con qualche accortezza.
Il suo libro
parla del Nuovo Mondo, quella “frontiera” che è la quintessenza dell’Occidente.
Un Occidente però anche in declino: perché, allora, sarà un nuovo secolo
americano?
Perché gli
Stati Uniti restano la più grande potenza economica, tecnologica, scientifica e
militare del pianeta, e perché con la pandemia è finita una fase: l’ascesa
della Cina si è fermata, l’atteso sorpasso non ci sarà, mentre gli Stati Uniti
galoppano e stanno riorientando la loro intera economia. Che sarà un nuovo
secolo americano non vuol dire che gli Stati Uniti non avranno problemi, o
sconfitte, o rivali, o che non faranno disastri. Nel Novecento accaddero tutte
queste cose. Ma erano gli americani a dare le carte.
Quali grandi
differenze evidenzia tra americani ed europei, entrambi occidentali ma ciascuno
a modo proprio?
Molte di più
di quante pensiamo. Il rapporto con il rischio, quello con il sacro, con lo
Stato, col denaro. Una differenza grande e cruciale, poi, riguarda soprattutto
noi italiani. Gli americani tendono a partire dalla premessa che la persona di
fronte a loro sia onesta: ma non perché siano buoni, tanto che poi reprimono
ferocemente e senza deroghe ogni infrazione delle regole. Noi siamo l’opposto:
diamo per scontato che la persona di fronte a noi voglia imbrogliarci, ma
davanti alle infrazioni siamo abituati al “solo per questa volta, ok?”.
L’America è
ancora oggi un Paese di ‘frontiera’? E di che tipo?
La sua
popolazione è ancora un giovane miscuglio di etnie e culture provenienti da
ogni parte del mondo, e questo la rende ancora un paese di frontiera. Ed è
ancora il paese dal quale trovano origine la gran parte dei cambiamenti che poi
rotolano altrove.
Esiste
ancora il sogno americano? E quello europeo?
Il sogno
americano non è mai stato un biglietto della lotteria con premio garantito.
Quando ci chiediamo se esiste “ancora” stiamo idealizzando un passato che non
esiste. Il sogno americano è sempre stato avere l’opportunità di farcela ed
entrare nella classe media, sapendo che un eventuale fallimento sarebbe
rovinoso. Le opportunità continuano a esserci, e in abbondanza; il fallimento
continua a essere rovinoso. Il “sogno europeo” mi sembra esista soprattutto per
chi in Europa sogna di arrivarci: per le persone nordafricane e per quelle
ucraine, per esempio.
Il mito del
denaro e dell’abbondanza americani valgono anche per l’Europa?
Molto meno.
L’economia americana si regge sui consumi interni.
Quale
impatto ha l’innovazione tecnologica nel mantenere la supremazia americana?
Basti
pensare a come il dispositivo che abbiamo in tasca e i suoi servizi abbiano
cambiato la nostra società, creando professioni che non esistevano e
distruggendone altre, cambiando linguaggi, abitudini, relazioni… Oppure
all’influenza delle università statunitensi sulla comunità scientifica
internazionale. Ma tutto questo non accade perché gli americani siano migliori
degli altri. L’innovazione viene spesso da persone che americane non sono. Ma
in quale paese trovano le condizioni migliori per realizzare queste
innovazioni?
Quali sono
le maggiori sfide che gli Stati Uniti devono affrontare oggi? Tra queste
rientra anche Donald Trump?
Per le
istituzioni statunitensi l’intera esperienza politica di Trump è stata una
specie di pressure test: il tentativo di restare al potere nonostante la
sconfitta, l’attacco al Congresso, i processi e le condanne, la questione
dell’immunità. Lo sarà ancora, nel breve termine. Ma la sfida del secolo per
gli Stati Uniti è legata alla rivalità con la Cina. Il fatto che sia cambiata
una fase non vuol dire che le cose non possano cambiare di nuovo.
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