Dopo la relazione del presidente di Confindustria Emilia Sonia Bonfiglioli e il focus sull'economia asiatica, attraverso l'intervista che Federico Fubini, inviato e editorialista del Corriere
della Sera, ha fatto al professor Yasheng Huang, l'ultimo appuntamento sul palco di FARETE 2025 ha visto Fubini dialogare con il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Di seguito una sintesi del suo intervento.
Il flebile ruolo dell’Europa
Mi riallaccio a Sonia Bonfiglioli che, nella sua originale e centratissima
relazione, ha fatto un appunto corretto sul ruolo dell’Unione Europea in questo
momento di grande difficoltà. Non c’è dubbio che “tra Stati Uniti e Cina
l'Europa è evaporata".
Purtroppo, non riusciamo nemmeno a essere attrattivi per i
capitali che vogliono venire qui.
La precedente Commissione europea non ha messo al centro
l'industria. Abbiamo distrutto un settore, quello dell'automotive, che in
Italia vale 70.000 lavoratori. Serve un piano industriale europeo che metta al
centro l'industria. L'Europa deve tenere le proprie aziende e non fare di tutto
per mandarle andare via, cosa che succede se la ricerca e sviluppo in Europa
non è incentivata. Noi chiediamo di mantenere le industrie italiane ed europee
nei nostri paesi
Dobbiamo saper attrarre gli investimenti. Per farlo, Europa
e Bce devono per forza scegliere una politica di attrazione, dove mettere al
centro dell'agenda quello che serve per far crescere l'Europa. Parliamo da
diversi mesi di mancanza di incremento della produttività nel nostro Paese. Se
vogliamo rendere competitive le nostre imprese abbiamo bisogno di farle
crescere. Per essere attrattivi bisogna sapere attirare capitali e quindi, con
una moneta al momento così forte in Europa, bisogna emettere degli Eurobond e
utilizzarli per fare operazioni che, in continuità con il Pnrr, migliorino le
infrastrutture e la tenuta dell'industria. Il problema è che per ottenere
risultati serve un'Europa che sa dove vuole andare, mentre io ho il dubbio che,
in questo momento, l'Europa non abbia le idee chiare.
Il costo dell’energia in Italia
Il costo dell'energia in questo Paese è insostenibile
perché, quando lo paghiamo 4-5 volte in più verso gli Stati Uniti e lo paghiamo
il 30-60% in più di alcuni Paesi europei è ovvio che diventa un problema, per
le aziende energivore in primis ma poi per tutta l’industria.
L'inverno sta arrivando e purtroppo il costo del gas aumenta:
sappiamo benissimo che il costo dell'energia è legato per 2,5 volte al costo
del gas. Abbiamo proposto il disaccoppiamento che finalmente è entrato nel
'vocabolario' del governo: ci fa piacere, ma si faccia presto. Sull'idroelettrico,
abbiamo chiesto che una parte del disaccoppiamento delle concessioni che
dovranno essere rinnovate venga dato a un costo sostenibile all'impresa.
Non ci possono essere divisioni politiche quando è in
discussione la strategia di competitività. Quali sono le nuove tecnologie per
fare energia a costo basso? Certamente le rinnovabili, ma poi gli impianti
vengono bloccati continuamente, e questa è una cosa che deve essere cambiata.
Nel frattempo, gli altri vanno e noi stiamo fermi e non riusciamo a superare
tutti i gap che abbiamo. Il futuro vero? Rinnovabili e microreattori, però è
indispensabile che si smetta di litigarsi, su fronti politici opposti, su
scelte determinanti per il bene del Paese
Dateci una politica industriale
Credo che la crescita di questo Paese non si faccia
migliorando l'Irpef di parte dei nostri lavoratori. Certamente, il tema dei salari è sempre stato
per noi un punto importante, ma occorre essere chiari, non lo si incrementa facendo un taglio dell'Irpef ma facendo, ad esempio, i
contratti di produttività. All'Italia servono scelte che abbiano come tema vero quello dell'industria, combattendo i contratti pirata. Se le imprese avranno un reddito
maggiore, saranno loro a distribuire ricchezza.
Serve mettere al centro l'industria: come Confindustria, abbiamo
chiesto misure per otto miliardi per sostenere l'impresa ed è intuitivo che si
tratta di un investimento, perché ciò che viene dato all’impresa torna allo Stato
con l’Iva ma soprattutto con il gettito che generano queste imprese e, non ultimo,
con le assunzioni e lo sviluppo della comunità.