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Luca Bonaccorsi (Pwc): "Transizione Esg? O avviene in Emilia-Romagna o non si fa"

04/06/2024

L’acronimo Esg (Environmental, social, governance) si riferisce a tutti gli aspetti ambientali, sociali e organizzativi di un’azienda. Identifica tre elementi chiave nella valutazione della sostenibilità e dell'impatto sul territorio di quella stessa azienda. In tale scenario, la Csrd (Corporate sustainability reporting directive), la direttiva europea 2022/2464 relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, riveste un ruolo fondamentale.

Martedì 11 giugno, alle ore 15.30, presso la sede di Bologna di Confindustria Emilia (e via Teams per chi non potrà essere presente di persona) ci sarà un pomeriggio di confronto e dibattito (aperto agli associati - qui la comunicazione) per esplorare i cambiamenti organizzativi che questa nuova prospettiva sta producendo nelle realtà aziendali. L’evento è stato promosso dalla filiera Facilities di Confindustria Emilia e allargato a tutte le altre 19 filiere.

Abbiamo intervistato il direttore di Pwc Italia, Luca Bonaccorsi, esperto di temi Esg, nonché uno dei quattro relatori dell'incontro "Esg in azienda, i nuovi obblighi alla luce della direttiva europea 2022/2464", insieme a Marco Del Giaccio (Hera), Adelaide Mondo (Bper Banca) e Filippo Forni (Confindustria Emilia).     

La Csrd, Corporate sustainability reporting directive, impone alle aziende nuovi modelli di rendicontazione sulle tematiche Esg. Quante imprese sono coinvolte in Italia e con quali cambiamenti organizzativi?

“In teoria sono circa 5mila ma in realtà sono dieci volte tanto. Perché l'impresa soggetta alla Csrd deve rendicontare su tutti i suoi fornitori e clienti rilevanti e quindi, a cascata, anche le aziende più piccole devono produrre informazioni di sostenibilità”.  

La sensazione è che questa direttiva possa trovare più impreparata la Pmi rispetto all’azienda strutturata. È così?
“Sì certo, rispetto alla grande azienda che in qualche modo negli ultimi anni ha iniziato a monitorare questi temi, usando gli standard Gri o altre metodologie, la Pmi è spesso totalmente nuova alla reportistica. Ma chiariamo che è nuova alla reportistica di sostenibilità, non ai temi. Gli imprenditori sanno benissimo dove ci sono problematiche ambientali di inquinamento, per esempio, o del lavoro nel loro settore. L'imprenditore piccolo o medio della moda che subappalta al laboratorio esterno sa benissimo che ci sono dei lavoratori in quel laboratorio che possono essere sfruttati. O che i campi dai quali viene il cotone possono essere gestiti male con tropi pesticidi, troppa acqua. E così quelli della componentistica meccanica: sanno che quei metalli, quelle bobine, quei tondini vengono da una fonderia. E quei minerali da una miniera. Insomma, gli imprenditori i temi di sostenibilità li conoscono molto meglio del legislatore... solo che non sono attrezzati per la reportistica”.

Industrial Green Deal da una parte, Sustainable Finance dall’altra. Che l’Europa stia lavorando per la creazione di un sistema economico-finanziario sostenibile è un dato di fatto. L’Italia manifatturiera a che punto è?

“L'Italia è un paese trasformatore, abbiamo poche risorse primarie ma tante idee e incredibili capacità imprenditoriali. Negli ultimi 30 anni abbiamo risposto ai costi di sistema più alti (energia, burocrazia) e alla concorrenza spesso sleale dei nuovi paesi industrializzati, innovando ma anche riducendo i costi con l'esternalizzazione. Ora l'Europa vuole far ricomparire questi operai e contadini spariti in paesi lontani. L'Italia è in una posizione delicatissima perché si è specializzata in produzioni di qualità. E oggi per i consumatori la qualità include la catena del valore. Il cibo organico prodotto coi braccianti illegali e sfruttati non va bene. La borsetta di design prodotta nello sweatshop non funziona. L'Italia è indietro e ha molto più da perdere degli altri, perché noi possiamo vincere solo sulla qualità, non sulla quantità”.  

E l’Emilia-Romagna?
 
“Vale quanto detto per l'Italia. Ma qui la sfida è ancora più difficile perché a questa latitudine c'è ancora l'economia vera, quella che produce le cose e che ha bisogno di maggiori investimenti per la transizione. I metalli, l'energia, la plastica, l'agricoltura... qui c'è il cuore del sistema. La transizione Esg o avviene in Emilia-Romagna o non avviene”.

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